giovedì 27 dicembre 2012

Accendere un fiammifero

Qualcuno scriveva con molte ragioni a suo favore che “accendere un fiammifero vale infinitamente di più che maledire l’oscurità”. Noi possiamo aggiungere una ragione in più che proviene da una buona notizia fresca e profumata come il pane di giornata. A distanza di più di un anno da quando ha preso forma l’idea di provare ad avere una macchina ecografica a Babonde per cercare di attrezzare l’ospedale locale sprovvisto di quasi tutto, se paragonato ai nostri standard occidentali, ebbene oggi possiamo dire di esserci riusciti.
Grazie al dono fattoci dalla Casa di Cura di Abano Terme, al dott. Nicola Petruzzi e alla sua staff, grazie a tanti amici che hanno bene impacchettato il regalo che, viste le date, si manifesta pienamente come dono natalizio, dopo il lunghissimo e rischioso viaggio (un altro ecografo era stato rovinato qualche anno fa durante il trasporto), e dopo un primo test di collaudo... ebbene finalmente oggi possiamo cantare vittoria. Funziona e funziona bene, lo schermo, le tre sonde, i differenti comandi. A provarlo è stata la dottoressa Mariana, rumena, a Babonde in questi mesi assieme alla missione di Medici senza Frontiere... si occupa di malnutrizione in questi giorni, specialista in nefrologia assieme a M.S.F. è già stata in Irak, ma – dono su dono – è specialista anche nella manipolazione della macchina ecografica. Io mi offro come cavia, un pò di gel... e la carotide appare sullo schermo con regolari pulsazioni, un altro pò di gel ed ecco il rene ed il fegato, infine le pulsazioni cardiache... sistole e diastole... le tre sonde, i componenti più delicati e preziosi, sono pienamente funzionanti. Grazie ai tanti ci siamo riusciti stavolta!
Non siamo ancora all’ospedale, per il momento rimaniamo in un locale della missione poichè occorrerà creare lo spazio adatto per sistemare la macchina e pensare a come fornire l’energia elettrica necessaria, fortunatamente il consumo di corrente non è troppo elevato. Occorrerà inoltre formare qualche infermiere per utilizzarla, da oramai diversi mesi siamo rimasti senza dottore. La dottoressa Mariana resterà a Babonde ancora per un mese ed occorre necessariamente approfittarne in fretta per addestrare qualcuno del posto. Le autorità sanitarie di Pawa ad una cinquantina di chilometri da qui non dovrebbero porre ostacoli anche se qualche “gelosia” potrebbe nascere. Le sfide non sono terminate, compresa quella non secondaria dei roditori che per vocazione si incaricano di rovinare i circuiti elettrici non protetti, ma possiamo affermare con soddisfazione che se “il più piccolo gesto di bontà legittima la speranza”, in questa aurora del 2013 noi ne abbiamo fatto una piccola scorta.


Vedi il post 
http://karibubabonde.blogspot.it/2011/12/ecografo.html 

domenica 16 dicembre 2012

Pace in terra


Quando nel racconto della nascita di Gesù gli angeli intonano il canto “Gloria a Dio nei cieli e Pace in terra agli uomini”, ebbene il messaggio è chiaro: la pace è per la terra, è per stare in terra e per essere costruita in terra. Certo questa pace è un disegno di Dio ed è una provvidenza di Dio: lui ci mette pesantemente la sua mano, ma in un ruolo da protagonista l’uomo, insieme a Dio, è invitato e chiamato ad essere artefice della propria pace e di quella degli altri: ecco che il Figlio di Dio si fa uomo, ecco che chiama degli uomini a stare con lui e a collaborare alla costruzione del suo ‘regno’. C’è una grande comunicazione ed interscambio tra due universi che non devono mai essere separati.


In questi giorni mi capita tra le mani l’immagine (in internet) della bandiera nazionale. Non so chi ha scelto o composto colori e disegno del simbolo della Repubblica democratica del Congo, con quali intenzioni o significati, io vorrei interpretarla alla luce del Natale, scusandomi per questo indebito sconfinamento.
Uno sfondo azzurro come se fosse il piano di Dio, una stella come se fosse quella cometa che guida alla grotta di Betlemme, una banda diagonale rossa e gialla come se fosse la scala di Giacobbe che mette in relazione l’alto ed il basso, il cielo e la terra e permette il passaggio e lo scambio, il reciproco incontro ed assenso (quelli di Maria e del Figlio dell’Uomo), la reciproca fiducia e l’avventura in un medesimo progetto.
Lo so che il paragone è un pò ‘tirato’ e tuttavia è più che mai necessario accostare se non addirittura compenetrare il mistero del Natale al mistero del Congo (RdC) se si vuole mantenere e nutrire la speranza.
E’ quest’anno il sesto Natale che vivo a Babonde, all’interno di un paese ricco di risorse, ricco di entusiasmo, di vita e di giovinezza. Tutto dovrebbe dire che il cambiamento, lo sviluppo, il miglioramento delle condizioni di vita, della democrazia, dei servizi sociali, delle infrastrutture è a portata di mano, visibile e constatabile, in progressione esponenziale. Ed invece poche rare realtà sembrano muoversi nella buona direzione, la maggior parte delle altre stagnano o si attorcigliano su se stesse vittime di sfruttamenti, corruzioni, impunità, silenzi, accaparramenti, ingiustizie palesi... gli esempi sarebbero infiniti su piccola o grande scala a livello istituzionale e strutturale come a livello familiare o personale. Chi costruirà la propria e l’altrui pace se non chi accoglierà il mistero del Natale, provvidenza di Dio ed impegno per l’uomo? Comunicazione dell’alto e del basso, reciproca collaborazione, coartefici della propria ‘salvezza’, guidati da una stella.
Non manca la speranza nella Repubblica democratica de Congo, anzi, c’è forse il difetto che questa sovrabbondanza di speranza sia il più sovente riposta su di una salvezza che avviene unicamente dal di fuori senza passare per la storia di tutti i giorni, senza passare attraverso il lavoro di tutte le braccia, la collaborazione di tutte le mani, il cambiamento di tutti i cuori e le menti.
“Pace in terra agli uomini”, la pace è per la terra, ed è consegnata nelle mani dell’uomo. L’uomo di fede, contagiato dalla speranza, non potrà mai rassegnarsi, mancare di una stella o di una visione, ridursi cinicamente al “salvarsi da solo” poichè non potrà mai dire: “tutto è perduto e senza speranza di cambiamento”. Buon Natale allora agli uomini in terra che Dio ama; e buon Natale alla Repubblica democratica del Congo. 

venerdì 23 novembre 2012

M23


Ancora la guerra? Crediamo di no anche se le notizie sono allarmanti, in provenienza come sempre dall’est della Repubblica democratica del Congo, dalla provincia del Nord Kivu, confinante con la nostra e confinante con il Rwanda. Oramai anche a livello internazionale passano le informazioni della RDC e l’informazione dell’occupazione della città di Goma da parte delle truppe ribelli dell’M23. Il Movimento nato il 23 maggio scorso in effetti non è che l’ultimo atto – per il momento - di una dolorosa tragedia che dura oramai da più di un decennio e che manifesta una volta di più di quale cancrena soffre il paese. Profughi, povertà e fame, stupri e omicidi, insicurezza e ruberie diventano il pane quotidiano e il prezzo che la popolazione paga agli insaziabili appetiti dei paesi vicini all’Est della Repubblica democratica del Congo e agli appetiti dei politici e “potenti” locali. A chi le ricchezze della R.d.C.? Questa situazione di conflitto e di insicurezza permanente su di una vasta regione rende libero il passaggio a sfruttamenti “in nero” (perdonate l’espressione) delle risorse minerarie e forestiere congolesi. Noi personalmente nella missione di Babonde come nelle altre missioni della provincia Congolese non siamo toccati direttamente da questa ribellione/guerra, che tuttavia genera innumerevoli problemi  in tutta la regione e che lascia tutti nell’incertezza circa gli sviluppi futuri. Da deplorare l’incapacità della missione ONU (la più importante, la più numerosa di personale e la più costosa nella storia delle Nazioni unite) che non può garantire l’incolumità della popolazione civile.
Da deplorare il silenzio delle autorità nazionali prive di un esercito degno di tal nome e ostaggio di giochi politici ed economici che penalizzano in continuazione la nazione intera. A quando il riscatto? La Repubblica democratica del Congo continua a vivere grazie alle permanenti “flebo” somministrate dagli aiuti, dalle sovvenzioni e dai prestiti internazionali poichè le ingenti risorse locali si perdono e spariscono puntualmente ed infallibilmente.  L’inconsapevolezza di una larga parte della popolazione priva di istruzione e di informazioni, la mancanza di una leadership votata al bene del paese, la mancanza di strumenti di pressione sui potenti, la vastità del territorio e le difficoltà di comunicazione (fisica, delle merci e delle informazioni) non lasciano intravedere un futuro immediato che possa essere migliore. Dopo la presa di Goma gli studenti universitari di Kisangani lasciando corso alla loro impotente rabbia hanno saccheggiato le sedi del partito al potere e le abitazioni dei responsabili politici guadagnando qualche morto tra le loro fila. La strada della protesta è necessaria; la protesta violenta fa notizia e molto più rumore di quella pacifica ma non sappiamo quali frutti duraturi e fecondi potrà portare.Continuare nel lavoro di educazione, di istruzione, di formazione delle menti, delle coscienze e degli spiriti è al momento il solo terreno fecondo che ci permette di sperare e di continuare ad essere fiduciosi. 


domenica 11 novembre 2012

Non c’è due senza tre


 Da alcuni mesi ad Isiro, un’ottantina di chilomentri da qui è scoppiata l’emergenza Ebola, per fortuna subito individuata e affrontata con tutti i mezzi possibili, quelli locali e quelli della strutture internazionali. L’associazione di “Medici Senza Frontiere” è riapparsa con una missione ad hoc, l’avevamo avuta dalle nostre parti qualche anno fa per l’emergenza colera. L’infezione di Ebola non si è propagata, i morti sono stati una ventina, siamo ancora sotto “allarme” ma in una forma semplicemente cautelativa e prudenziale poichè da diverse settimane non si sono manifestati nuovi casi. A partire dal mese di maggio avevamo subito quella che potremo chiamare una “epidemia” di malaria associata ad altri problemi intestinali che ha portato alla morte di quasi un migliaio di bambini nel nostro distretto sanitario, a partire da Pawa, Nebobongo, Ibambi e Babonde.
 “Medici Senza Frontiere” si è allora installato a Nebobongo, a circa 30 chilometri con una seconda missione. L’emergenza malaria è finalmente diminuita, anche se la sua presenza è endemica ed il problema rimane ma è tuttavia rientrato nei limiti della normalità, se si può chiamare normale il fatto che pochissimi fino ad oggi si siano dati la pena di ricercare un qualche vaccino risolutivo, ammesso che si possa trovare.
Il fatto che gli infermieri abbiano potuto visitare i bimbi talvolta casa per casa ha fatto emergere un altro problema che peraltro conosciamo benissimo, quello della malnutrizione grave, capace di condurre alla morte o a danni irreparabili del fisico o della mente dei bambini:. Ecco allora una terza missione di “Medici Senza Frontiere” stavolta proprio a Babonde.
 Sono arrivati da circa tre settimane e si sono accampati nel locale ospedale che conserva qualche padiglione inutilizzato, dedicato un tempo ai numerosissimi malati di tubercolosi. Ci aiuteranno nel lavoro del nostro Talita Kum il piccolo centro nutrizionale che funziona oramai da due anni con il sostegno dei benefattori. Certo il paragone non è possibile tra la nostra realtà e la loro, per quanto riguarda il personale impiegato (sei persone provenienti dall’europa ed una trentina di congolesi), i mezzi a disposizione, finanziari e logistici e la professionalità dell’intervento. Secondo le loro abitudini una missione sanitaria non dura normalmente più di tre mesi, ma cercheremo di fare tesoro della loro esperienza e delle loro conoscenze, ci permetterà di essere più incisivi ed efficaci in seguito.
 Medici Senza Frontiere prende in cura i bimbi da 0 a 5 anni, il lavoro non mancherà quindi per il Talita Kum che continua a sostenere in media una settantina di persone in questo periodo. Da parte mia una piacevole sorpresa poter incontrare a Babonde tre francesi, una svizzera che parla un discreto italiano, un australiano, uno spagnolo... non capita tutti i giorni poter condividere il colore della pelle e non solo. Già da venerdì sono all’opera ed i casi gravi non mancano, non mancheranno neanche i frutti positivi del loro passaggio a Babonde.

E’ in arrivo un container carico di...


Non so come ringraziere tutti quanti hanno collaborato per farci giungere un container carico di tantissime belle, buone e utilissime cose. Non voglio arrischiarmi nel fare una lista di nomi, lo so che dimenticherei necessariamente qualcuno il quale potrebbe risentirsi un pò, desidero semplicemente fare una carrellata veloce di chi potremo aiutare grazie a voi che ci avete aiutato. Da Padova, Saonara, Bologna, Trento, Vicenza, Milano... sentitevi tutti inclusi dentro questo grande grazie che voglio esprimere a nome dei molti che ne benficieranno. Voi non potrete purtroppo vederne in diretta i volti ed i sorrisi ma vi assicuro che è stato e continuerà ad essere un bello spettacolo. 
 Essi sono innanzitutto il foyer di mamme e ragazze con la scuola di taglio e cucito, grazie alle tante macchine da cucire e al materiale tessile di stoffe e filo; i giovani della scuola di informatica con i quasi nuovi ma efficienti computer arrivatici;
La scuola di informatica


 i pazienti dell’ospedale e gli infermieri, grazie ai medicinali e al nuovo ecografo, anche se non sappiamo ancora quando lo installeremo poichè il dottore che avevamo è stato trasferito e uno nuovo non è ancora arrivato; l’avanzamento rapido delle costruzioni e delle coltivazioni agricole grazie al potente trattore e ai suoi atrezzi (rimorchio, livellatrice, sterpatore, braccio di sollevamento); le equipes di muratori con il materiale appropriato; le squadre di calcio con i palloni e le mute; gli studenti ed i maestri con l’abbondante materiale scolastico e le ancora validissime macchinie da scrivere; i presbiti con gli indispensabili occhiali da lettura e gli “albini” con gli occhiali da sole protettivi contro le radiazioni solari;

L'atelier di taglio e cucito
 le celebrazioni liturgiche con i materiali necessari ed in modo particolare la motocicletta per raggiungere i vari villaggi e l’amplificatore da esterno; la nostra cucina con la nuova stufa a legna, stoviglie varie, la macchina per il pane e tutta l’installazione per avere l’acqua dal pozzo (pompa a pannelli solari)... la nostra salute fisica ne beneficierà abbonndantemente; il gruppo degli scouts con gli stemmi e le uniformi; il piccolo garage e la falegnameria con materiale di buona qualità ed introvabile nella nostra zona, in modo particolare  il caricabatterie, la saldatrice da applicare al trattore ed altri utensili... Il grazie vi giunga infine da tutti i cristiani di Babonde poichè il vostro aiuto rende possibile alla nostra comunità di essere presente, attiva, concreta nell’aiuto, solidale: un segno di fraternità e di benedizione. Un abbraccio a tutti.


giovedì 20 settembre 2012

Blaise e la fede



Blaise era un giovane di non ancora trent’anni, con moglie e figli ed una bella professione, riparatore di moto, un vero “mago” del settore, i meno esperti dovevano ricorrere a lui per risolvere i problemi più difficili. Un lavoro che gli permetteva di guadagnare il necessario per sé e la famiglia. Poi inspiegabilmente, dal giorno alla notte, la follia lo ha preso, parole e gesti senza logica apparente. Si intuiva nel suo straparlare che aveva qualcosa da comunicare ma non riusciva ad esprimerlo, si era rifugiato alla missione nel primo giorno della sua follia, ma è mancato il tempo per ascoltarlo e tentare di comprenderlo. La famiglia lo ha immediatamente preso con sé a forza e trasportato altrove ad una ventina di chilometri dal nostro villaggio, presso un famoso mfumu, un guaritore/stregone. Una sola settimana dopo ne hanno riportato a casa il cadavere.


Blaise non voleva andare dal mfumu, gridava che non era né pazzo né malato e che lì avrebbero ucciso la sua fede e lui stesso. Così è stato, legato e picchiato al fine di ‘domarlo’ e ‘guarirlo’, costretto ad assumere polveri ed infusi ‘miracolosi’, non sappiamo per quali cause precise, ma dopo soli sette giorni è morto. E’ stato grande lo sconcerto ed il dolore a Babonde, perchè è morto un giovane, un marito, un padre, un grande meccanico... ed anche nella comunità cristiana lo abbiamo pianto, per tutte queste ragioni e perchè il modo con cui è morto è stata una sconfitta per la fede. Piangiamo l’amico Blaise e constatiamo con amarezza che sono numerosissimi i casi in cui le famiglie continuano ad affidare i loro malati non agli ospedali, non ai medici, non alla preghiera della comunità cristiana, non all’intercessione del Signore, ma confidano nei guaritori/stregoni, che mescolano una piccola percentuale di conoscenze sulle proprietà curative di alcune erbe e piante ed allo stesso tempo introducono una grandissima percentuale di credulità popolare su alcune presunte personali capacità magiche e terapeutiche. 

Nel caso di Blaise la ‘fede’ della sua famiglia negli stregoni è stata più forte della fede cristiana ed è stata alla fine per lui fatale. Il mfumu locale è apparso più forte degli ospedali e di Gesù, e la partita della fede si è giocata sul piano della potenza della guarigione: a chi la forza, a chi il potere? 
Molte altre volte, se non sulla guarigione, la fede si gioca sulla fortuna e la ricchezza, sul successo ed il piacere di questa vita: chi potrà assicurarcene o procurarcene di più? Quando Gesù non guarisce più come quando era assieme ai discepoli o quando, nelle società occidentali, la medicina  si mostra più efficace della preghiera, quando le ricchezze, la banca, la pensione e la sicurezza sociale assicurano il futuro molto meglio che la speranza nella vita futura, a chi la forza ed il potere? In chi riporre la nostra fede?
Anche a Babonde, nella immensa e sperduta foresta della Repubblica democratica del Congo abbiamo saputo che sarà la chiesa universale, a partire da Roma fino ai posti più sperduti della terra, a celebrare un Anno della fede. “Guai a me se non annunciassi il Vangelo”, scriveva S. Paolo. Provocati dalla morte di Blaise annunceremo con forza la stessa fede in Gesù Cristo che fu di S. Paolo e della prima comunità cristiana fino ad oggi: Gesù unico Salvatore ed unico guaritore, perchè se l’uomo cura, per quanto faccia con tutta la sua scienza e tecnica, sappiamo che chi guarisce è Dio, ed i molti che ancora oggi un pò ovunque si propongono come potenti guaritori, ebbene sono fuori della verità e portatori di menzogna se non di morte. Lavoreremo per accrescere la scienza e la tecnica negli ospedali e altrove, purchè questa scienza e tecnica siano veramente a servizio dell’uomo e non per servirsi di esse a proprio interesse e a scapito dell’uomo. Annunceremo allo stesso tempo che il Cristo quando lo vediamo di fronte alla sua morte può apparirci incapace o sconfitto nel dare risposta alle molte e legittime attese dell’uomo: una vita senza malattie e dolori, senza fatiche ed infelicità, senza bisogno di attese e rinunce...
Ma al contrario, quello stesso Cristo nella sua indifesa piccolezza, grazie alla risurrezione ci manifesta chiaramente la sua vera “forza e potere”. Esse non sono innanzitutto una vittoria di fronte alla sfida del dolore o alla ricerca di una felicità da consumare qui , ma sono una vittoria di fronte ad un’altra  sfida, quella dell’Amore. Se lo crediamo e se chiediamo la sua intercessione è innanzitutto per essere vittoriosi con lui di fronte a questa sfida, e colui che vince la sfida dell’amore sarà vincitore anche altrove: vincitore di fronte alle provocazioni della malattia, di fronte alla mancanza di ricchezze, di fronte alle lunge e disperate attese. E se non crediamo che Cristo è risorto facendo vincere l’Amore sopra ogni cosa, allora “vana è la nostra fede”.  Tante volte in luoghi di missione ed in particolare in Africa, l’annuncio del Vangelo di Cristo è risultato vincente poichè si è presentato assieme a tutte le capacità tecniche della società occidentale, della medicina e della scienza, dell’istruzione e delle risorse finanziarie. Ma appunto, non è questo il cuore del Vangelo e come capitò a Gesù quando non moltiplicò più i pani “a comando”, quando si ritirò in preghiera piuttosto che restare a guarire tutti i malati, quando fu imprigionato piuttosto che esibire la sua forza, così capita anche oggi che se la fede si appoggia principalmente su questi elementi, egli il Cristo, rimane ancora una volta solo, ed il Vangelo ha ancora una volta bisogno di essere annunciato. E’ il compito di ogni missionario in terra di missione, dove la musica e la sinfonia del Vangelo non è ancora risuonata, è il compito di ogni cristiano là dove vive ed opera, affinchè la musica e la sinfonia di una nuova evangelizzazione possa continuare a risuonare. Buon Anno della fede alla famiglia di Blaise, alla gente di Babonde, a noi e voi tutti indistintamente.

mercoledì 12 settembre 2012

Promesse mantenute


Promessa mantenuta da parte nostra e promessa mantenuta da parte dei ragazzi.

Gli studenti davanti alle loro classi
Noi ci eravamo impegnati ad essere pronti all’inizio dell’anno scolare – il 3 di settembre – con le prime 4 aule necessarie all’avvio della stagione 2012/2013, ossia con 3 classi di prima superiore ed una di seconda, così da accogliere i nuovi iscritti (139) ed i reduci dello scorso anno 38 passati in seconda. Muratori e falegnami si sono fatti in quattro per raggiungere l’obiettivo, ed ora il minimo indispensabile è già un dato acquisito: tetto, intonaci e pavimenti, banchi e lavagne...

 Alcuni giovani insegnanti e il preside p. Jean Pierre



I ragazzi con le loro famiglie da parte loro hanno ugualmente mantenuto le promesse o meglio le attese che pian piano avevano fatto nascere. Già da tempo sentivamo dirci che i figli sarebbero stati iscritti al “Ste Marie di Babonde” in quanto cercavano la possibilità di un’istruzione ed un’educazione migliore di quella finora offerta dalle altre scuole ed istituti del posto, ed effettivamente siamo stati sorpresi dalla rapidità con cui i posti disponibili sono stati occupati, dovendo per contro selezionare i candidati troppo anziani e respingerne numerosi altri una volta raggiunto il limite di 45 alunni per classe. In ambiente rurale normalmente si assiste ad un grande ritardo prima di avere i ragazzi ed i professori pronti per l’inizio delle lezioni, le difficoltà di recuperare i circa cinque euro per l’iscrizione, altri sette per l’uniforme un pò di quaderni e penne... 

A scuola con gli operai e due direttori di scuole Elementari
A Babonde normalmente bisogna pazientare almeno due settimane, nei villaggi circostanti talvolta si assiste ad un deplorevole ritardo di anche unmese o pià, ma per gli studenti dell’Ist. Ste Marie tutto era già pronto due giorni dopo la data fisata dal calendario ed il terzo tutti erano già seduti nei loro banchi. E’ un buon segno incoraggiante. Cercheremo di avere degli insegnanti qualificati favorendo gli studi universitari di qualcuno/a dei giovani professori. Limiteremo al minimo il lavoro manuale che in altre scuole gli insegnanti e direttori impongono agli allievi per integrare i magri stipendi, ma che abbassa notevolmente il livello dell’istruzione, tanto che ci si meraviglia come oggi coloro che escono dalle scuole superiori con il diplima di stato (la nostra maturità) parlino e scrivano un pessimo francese, talvolta ‘inferiore’ a quello di chi, qualche decina d’anni fa, terminava le scuole elementari. Il responsabile della scuola è il p. Jean Pierre Mokonzi, un sacerdote della nostra comunità di Babonde in modo da garantire una certa correttezza sia dal punto di vista educativo che amministrativo ed economico. 

Il lavoro che rimane da fare, le altre aule.

Stiamo pensando se negli stessi locali, sfruttandoli nelle ore pomeridiane, non sarebbe fattibile iniziare le professionali di falegnameria o di taglio e cucito... un dossier da seguire. Per intanto gioiamo di quanto realizzato e ringraziamo tutti quanti ci hanno permesso di realizzare quaanto potete vedere nelle foto. Sappiamo che molto lavoro è ancora da fare, sia dal punto di vista delle costruzioni che dal lato istruzione ed educazione, sappiamo che il buon Dio e la sua Provvidenza ci accompagnano.

martedì 11 settembre 2012

Effusione dello Spirito


Nel gergo della chiesa quando si parla di “Pastorale” si intende l’attività che punta a far crescere la fede delle persone, ad incoraggiarle alla vita della comunità cristiana, a conoscere la parola di Dio, ad impegnarsi per il bene e per la trasformazione in bene di questo nostro mondo. Sull’esempio di un pastore che ha cura del suo gregge e soprattutto sull’esempio di Cristo che ha cura dell’umanità, la chiesa nella sua attività “pastorale” si cura di una comunità di uomini e donne che gli è affidata.
 
 Ebbene anche la missione di Babonde, nonostante e attraverso i tanti piccoli progetti di sviluppo sociale, di educazione e di aiuto è impegnata in modo prioritario nell’attività pastorale per far crescere il “Regno di Dio nelle anime e nella società”: un’altra espressione in gergo che significa promuovere tutto ciò che ci fa vivere come uomini e nello stesso tempo come figli di Dio, secondo il pensiero di Dio, secondo quanto può aver pensato per noi, sia a livello personale, interiore, sia al livello comunitario, sociale, visibile e concreto.
Un fatto che ha segnato a livello pastorale la nostra comunità di Babonde è stata la celebrazione dell’ “Effusione dello Spirito”. Qualche centinaio di persone hanno voluto riprendere in mano la loro fede, non solo rispolverarla, ma farla nuova come lo è stato il giorno del Battesimo o il giorno della Cresima, accogliere con gioia la novità del vangelo insieme alle sue esigenze, dure ma liberanti, mossi non dal dovere e dalle convenzioni, ma dalla forza gioiosa dello Spirito. Quello Spirito promesso, donato e spesso dimenticato, fuoco, forza, coraggio, voce e canto dentro di noi. Molti, forse troppi sono i cristiani che, in Europa come anche in Africa, dopo essere stati evangelizzati necessitano di una ‘nuova evangelizzazione’ poichè lo Spirito non ha potuto agire, completare l’opera iniziata, guidare, trasformare. Tre mesi di “catechesi” per quasi cinquecento adulti, una volta la settimana, preghiere di liberazione e di remissione dei peccati conclusesi nella “effusione dello Spirito”, la celebrazione che suggella il rinnovo delle promesse battesimali, l’apertura a Dio e alla sua grazia, l’abbandono di ciò che ostacola una vita di amore e di verità. Incredibile constatare come anche a Babonde la vita cristiana ristagna, è accolta ma incide solo superficialmente, altre volte è chiaramente accantonata, dimenticata o tradita ed ha perciò bisogno dell’azione pastorale della chiesa che chiama, anima, ricorda, rinnova...
Sta all’uomo prepararsi a ricevere... sta a Dio fare il suo dono, i suoi doni. Il dono dello Spirito non è tra i più piccoli, anzi e i frutti attesi sono molti: amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé... La celebrazione dell’Effusione dello Spirito ha suggellato la fine della preparazione e l’attesa del dono. Sappiamo che le realtà della fede sono spesso impalpabili ed  invisibili agli occhi ma sappiamo anche che dai frutti prodotti sapremo riconoscere la mano di Dio all’opera negli uomini.

sabato 7 luglio 2012

Ribellioni ancora

Ci preoccupa in questo periodo l’instabilità e l’insicurezza nella zona di Epulu, sulla strada che ci collega a Mambasa. Alcuni ribelli Mai Mai, capeggiati da un certo Morgan, hanno assaltato le guardie del parco, riserva naturale dell’Okapi, facendo strage degli animali lì custoditi, incendiando gli uffici, saccheggiando le case dei villaggi vicini. Si contano in alcune migliaia gli sfollati a Niania.  L’Okapi è quell’animale un pò simile alla zebra che vive solamente nella foresta dell’Ituri, e la riserva naturale è stata appunto costituita per proteggerlo dall’estinzione. Il parco naturale impedisce il bracconaggio ma anche lo sfruttamento del territorio, sia agricolo che minerario, e inutile dirlo, è un territorio ricco in oro e diamanti senza contare altri preziosi minerali. “Salvare l’animale dalla caccia o darsi alla caccia all’oro e all’okapi nello stesso tempo”? I pareri sono divisi ed il ribelle Morgan trova facili appoggi. Ora si è nascosto in foresta portando con sè alcuni prigionieri specialmente donne e bambini. Di questi ultimi probabilmente ne vorrà fare dei soldati.
L’esercito regolare è in arrivo ma non promette nulla di buono poichè mal addestrato e non pagato si è spesso rivelato come campione di inefficienza e di saccheggio. Gli stranieri che gestivano il parco, costretti alla fuga, richiameranno certamente l’attenzione internazionale e l’intervento della missione ONU in Congo, anche questa non sempre sinonimo di efficienza nell’instaurare la sicurezza. Lo scenario non è quindi semplice nè felice, sapendo che la regione è contesa ad un livello più alto, politico o geopolitico, dal vicino Ruanda, mentre gli americani nelle vicinanze di Kisangani hanno già installato una base militare per controllare la regione, e mentre qualcuno parla di una possibile divisione del Congo in più stati regionali... Diverse multinazionali sono già all’opera nella regione, in fase di esplorazione o di sfruttamento e sappiamo la grandezza dei loro appetiti. Un conosciuto proverbio africano dice che “quando gli elefanti si battono a farne le spese sono i piccoli fili d’erba”. Effettivamente non sappiamo quali buone prospettive per il futuro saranno riservate alla popolazione locale contadina e ai piccoli pigmei abitanti della foresta. Lo stesso Morgan rischia di essere una inconsapevole pedina facilmente strumentalizzabile.
L'okapi

Il Trattore dei desideri



Per il momento abbiamo solamente la foto e la mostriamo con soddisfazione, ma sappiamo che è oramai dentro un container ed in viaggio verso l’Africa e tra circa due mesi potremo vederlo, toccarlo e soprattutto utilizzarlo, se tutto filerà liscio. E’ un nuovissimo trattore offertoci dalla provincia italiana della nostra congregazione, in collaborazione con la comunità di Trento. Per i lavori pesanti, il trasporto di pietre da fondazione e sabbia, mattoni e blocchi di cemento sulle strade di Babonde, la piccola Land Rover, anche se indubbiamente robusta, non può certamente reggere il confronto, senza contare le somme enormi per ripararne i guasti e il rapido invecchiamento. Il trattore non arriverà senza attrezzi da lavoro per l’agricoltura e per aiutare il movimento terra. Da Mambasa speriamo di poter ottenere un carro rimorchio per il trasporto materiale e poi al lavoro... sono molti i cantieri aperti e veramente lo attendiamo a braccia aperte: abbiamo due scuole in costruzione (a Babonde e a Yambenda) e una quindicina le chiese di villaggio, senza contare la nuova parrocchia di Gbunzunzu e in differernti luoghi la sistemazione delle sorgenti d’acqua. Non mancherà l’appello all’aiuto per il trasporto di materiali e soprattutto per la costurzione delle case tradizionali in pali di legno e terra. Allo stesso modo ci sarà utile per sistemare alcuni pezzi di strada fortemente erosi dalle pioggie. Al contrario, per il lavoro agricolo non sarà facile averene un utilizzo regolare in quanto mancano gli spazi liberi da tronchi e radici e l’elevato prezzo del carburante scoraggerà gli “investimenti” in un ambiente dove primeggia il fare tutto alla mano con l’aiuto, a costo zero, della manodopera fornita dalla famiglia intera: adulti, giovani, anziani e bambini. 

Vedremo cosa sarà possibile immaginare e realizzare... essendo nativo di Saonara, paese a vocazione prevalentemente agricola e vivaistica dovrei avere innato il “pollice verde”, ma per il momento non ne vedo l’ispirazione nè i frutti. Il tempo maturerà le idee ed i progetti e contentiamoci di attendere il pacco regalo, che lasciata Vicenza e presa la nave sbarcherà a Mombasa in Kenya per attraversare via strada l’Uganda e finalmente passare la frontiera. In Congo a Beni sarà sdoganato e quindi di nuovo in viaggio fino alla nostra comunità di Mambasa, a circa 400 km da Babonde. A partire da lì occorrerà scaricare tutto il container e sulle proprie ruote affrontare l’ultimo tragitto fino a destinazione. Eh già, le cose non sono mai semplici ma è vero pure che non siamo mai soli... un grande grazie a tutti quanti hanno collaborato e continuano a collaborare all’impresa.

venerdì 6 luglio 2012

ISM-Puntare diritti a Settembre





Il calendario scolastico si sta per concludere soprattutto per le prime classi delle superiori che terminano i corsi normali e lasciano il posto agli esami dei “finalisti” quelli di sesta che inizieranno ben presto l’esame di stato (la nostra vecchia maturità). Anche alla missione di Babonde da quest’anno respiriamo un pò di più il calendario scolare assieme a quello liturgico e pastorale, poichè da settembre abbiamo dato inizio ed ospitiamo nei locali della parrocchia (le due grandi sale Mama Mpendelevu e Salle Bernard) le due prime dell’Istituto Ste Marie de Babonde. Gli studenti erano una ottantina nel settembre scorso ma hanno terminato non molto più numerosi di una cinquantina... molti gli abbandoni motivati nella maggioranza dei casi dalla mancanza di soldi per pagare la piccola quota mensile e, per diverse ragazze, dall’obbligo  di restare a casa nel momento in cui danno inizio ad una gravidanza. Già, per noi abituati all’Europa un discorso difficilmente concepibile, ma qui invece sono frequentissime le gravidanze delle ragazze della sesta elementare e dei primi anni delle superiori. Le difficoltà familiari ritardano notevolmente la scolarizzazione, e delle “grandi adolescenti” si trovano ancora sedute nei banchi scolari, mentre la curiosità sessuale esplode e si affacciano alle prime esperienze, solitamente “fatali” per il percorso scolastico. La famiglia sovente non ha la capacità di ben educare i numerosi figli ed in qualche modo tollera con una notevole apertura gli “incidenti di percorso”: una nuova vita è sempre una benedizione ed una bocca in piùnon renderà più poveri. In un certo senso non possiamo dare loro torto, anche se per molti altri aspetti nascono innumerevoli problematiche difficili da gestire.



Non perdiamo coraggio nè speranza e puntiamo diritti al prossimo settembre, con nuove iscrizioni che pensiamo numerose più dell’anno trascorso e con la convinzione di poter entrare nei nuovi locali, in quanto dal mese di marzo è stato aperto il nuovo cantiere per la costruzione di 10 nuove aule scolastiche che ospiteranno l’Istituto Secondario (scuola superiore) Ste Marie de Babonde. Stiamo costruendo il tetto delle prime quattro aule che dovranno assolutamente essere pronte appunto per settembre. Muratori e falegnami sono alacremente all’opera, anche se la parola “stakanovismo” è sconosciuta da queste parti e rifiutiamo il modello cinese di un lavoro al modo delle “formiche”. Contiamo davvero di potercela fare se non ci sarà interruzione nell’approvvigionamento dei materiali. Diversi altri giovani nel frattempo sono stati introdotti al lavoro e all’apprendimento di un mestiere... sono tutti giovani del posto e questo ci fa ben sperare per avere domani delle maestranze locali. Abbiamo avuto l’onore della presenza del Vescovo di Wamba nell’occasione della posa della prima pietra (a dire il vero era il primo blocco di cemento) per una preghiera di benedizione del progetto e di ringraziamento per i benefattori che lo finanziano. La sensibilità e la carità di molti compie miracoli in terre lontane e speriamo davvero di poter dare un contributo sostanzioso al miglioramento del livello educativo del posto. L’istituto prevede l’apertura della sessione Pedagogica per formare i maestri di domani, di quella Sociale, di quella Contabile-Informatica e delle sessioni professionali di Falegnameria e di Taglio e Cucito. Un progetto ambizioso che a Dio piacendo piano piano potrà realizzarsi. Noi abbiamo da tempo le maniche già rimboccate e speriamo di coinvolgere altri.

Il Vescovo posa la prima "pietra"

L'equipe dei muratori




lunedì 2 luglio 2012

Fame e sete parzialmente appagate


“Non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Se abbiamo molti appetiti e molte seti, alcune “ordinate” altre “disordinate”, occorre ascoltarsi nel profondo in qualche momento di tranquillità, oppure in altri momenti quando siamo sommersi e sopraffatti dal fare e dal correre, ebbene è in questi momenti che sentiamo vera la fame e sete della Parola di Dio, quella Parola che permane e non passa veloce sulla “rete informatica” senza lasciare traccia; una Parola che purifica e cura, che nutre e illumina, non come quelle sovrabbondanti parole leggere di intrattenimento o di imbonimento, dolci al palato ma vacue e senza sostanza.
Ebbene circa un centinaio di animatori di CEV (le Comunità Ecclesiali Viventi) della nostra missione hanno potuto gustare per alcuni giorni questa Parola sostanziosa, durante una settimana di formazione biblica. Per alcuni si trattava innanzitutto di apprendere ad aprire il libro sacro ed individuare i vari libri in esso contenuti, per altri conoscere più da vicino Abramo, “padre nella fede di tutti i credenti”, e Mosé chiamato da Dio ad essere “liberatore” del suo popolo. Per altri ancora è stato il tempo opportuno per comprendere che leggere la Bibbia è solo il primo passo di un percorso ben più lungo che chiede di assimilare, conservare nel cuore, condividere con altri, applicare alla propria vita personale e a quella della comunità più vasta che è la chiesa e la società intera. 
Il ruolo dei responsabili delle CEV è quello di radunare una volta alla settimana gli abitanti di un quartiere o di una porzione di famiglie per la preghiera, la lettura del Vangelo, la condivisione e la discussione di alcuni problemi pratici della vita del villaggio o delle famiglie stesse. E’ loro compito incoraggiare i ragazzi ad entrare nel percorso del catecumenato per preparare il Battesimo e ricevre l’Eucaristia. Sono loro che insegnano le prime preghiere del cristiano e che accompagnano gli ultimi momenti di vita.
L’entusiasmo era palpabile assieme alla soddisfazione di stringere tra le mani il prezioso libro che con tutta probabilità è anche l’unico ad essere conservato in casa nella “biblioteca di famiglia”. L’introduzione alla lettura dei Vangeli è stata la cigliegina sulla torta che tutti aspettavano.
Diciamo “fame e sete parzialmente appagate” poiché non si può esaurire in qualche giorno il tesoro immenso contenuto in quelle pagine. Ci siamo lasciati con la promessa che l’esperienza avrebbe dovuto essere ripetuta ed approfondita segno che il cibo e la bevanda praparata erano esattamente quello che ci voleva. Un grazie a tutti quanti ci hanno sostenuto e permesso la realizzazione dell’esperienza.

domenica 1 luglio 2012

Studenti nella RETE


Sono circa 130 ragazzi e giovani che si sono lasciati volontariamente e  piacevolmente “irretire” durante il corso dell’anno scolastico 2011/2012. La RETE infatti è un’associazione informale di amici che sostiene il percorso scolare di chi si trova in difficoltà a pagare le piccole o grandi somme delle spese scolastiche. I beneficiari sono soprattutto bimbi e bimbe orfani di Babonde e dintorni che frequentano la scuola elementare (un’ottantina) e superiore (una cinquantina) o membri di famiglie numerose, impossibilitate a far fronte ai piccoli montanti necessari. Ne beneficiano infine gli studenti universitari che non hanno alle spalle qualcuno che li possa appoggiare per le spese accademiche. A questi ultimi è posta una piccola condizione: una volta terminato il percorso universitario chiediamo di rientrare in Babonde per aiutare come professori nelle scuole superiori locali che soffrono di mancanza cronica di personale qualificato, gettando così alle ortiche la qualità dell’insegnamento. E’ in questo modo che questi 130 sono “caduti nella RETE” e possono in qualche modo portare avanti il loro percorso formativo. Tre di essi stanno laureandosi in Francese, uno in Inglese, per una di esse è l’ostica matematica, due si perfezionanano in geografia metre due sono impegnati in campo sanitario, una come infermiera l’altro come medico. A ciascuno di questi riusciamo a garantire circa 450 Euro, lo strettissimo necessario per l’università, al resto dovrà pensare la famiglia. Per i ragazzi delle superiori ed elementari l’impegno è ben più modesto circa 30 o 50 Euro per anno. Un comitato composto dai padri della comunità e da tre laici valuta i vari casi ed accetta i candidati, considera anche di quali qualifiche le scuole del nostro territorio hanno bisogno, in modo da preparare per tempo i professori di domani. Inutile dire che di fronte all’esponenziale incremento demografico ci troviamo costantemente “sotto”, in affanno ed occorrerebbe potessimo fare molto di più, ma è già una abbondante manna e benedizione che scende e che ci muove al ringraziamento. Qui moltri altri ragazzi amerebbero entrare nella RETE, ma ci saranno altri amici dall’Italia che si lasceranno essi pure irretire nell’aiuto?

Sorella Morte


In questi giorni (inizio giugno) sono convalescente di una brutta malaria che mi ha steso a letto, non succedeva da oramai due anni... quest’anno sono numerosissimi i decessi fulminei, in particolare dei bambini che si trovano rapidamente in stato di anemia o di disidratazione e necessitano di cure immediate che, inutile dirlo, occorre pagare prima di riceverle... in questo settore non si fa credito. La sanità a rotoli da sempre, gli infermieri non pagati assistono i malati con il loro sacco farmacia vendendo direttamente medicinali e prestazioni. Esami clinici, Kit per la trasfusione di sangue e poi la ricerca del parente compatibile, flebo reidratanti con sali minerali ed antibiotici, quasi mai sono alla portata immediata delle famiglie. Ho riempito il garage di biciclette prese in prestito da coloro che cercano rapidamente 30/40 dollari per far fronte all’emergenza che diventa catastrofe quando ad un primo malato in famiglia se ne aggiunge un secondo in un breve lasso di tempo. Il medico che mi ha curato confessa apertamente che alcuni li si lascia morire e non si può fare altrimenti poichè loro stessi, la struttura ospedaliera, se donasse medicinali a credito cesserebbe di funzionare nel giro di due settimane. Per altri la terapia è ridotta. Spesso si somministrano solo parzialmente le cure necessarie secondo la “tasca” del paziende confidando solidamente nel buon Dio e nella rapidità di recupero del malato peraltro già ben selezionato se arrivato all’età adulta, poichè la malaria non risparmia nessuno. Gli operai della missione hanno diritto ad un “buono cure” per loro e la loro famiglia, e mi aspetto una fattura salatissima per il mese appena passato e per quello in corso. Lo stesso ministro della Sanità ha promesso una sua prossima “venuta” per toccare con mano la gravità della situazione, ma come al solito ci si aspetta qualche aiuto a pioggia che non risolverà la radice del problema... e sappiamo le promese dei politici.
Il Congo rimane uguale a se stesso e le evoluzioni positive passano con il contagocce... probabilmente anche per questo non è mai spenta la sete di speranza, quella alla vita e quella alla salvezza cristiana, e non perchè la predicazione è il piccolo dolce che permette di mangiare il boccone amaro di tutti i giorni (il ben conosciuto oppio dei popoli), ma perchè meno storditi e distratti dall’abbondanza del “materiale” si tocca con più immediatezza la fragilità della propria condizione e del propiro limite. Chiaro che non predichiamo solo speranza, quella per il domani e quella della vita eterna, predichiamo anche quell’amore che si coniuga in mille forme e che comincia dal “no” al pensare solo a se stessi, passa per tanti piccoli e gandi gesti di solidarietà e arriva a modificare quelle strutture ingiuste che non  permettono lo sviluppo dei popoli. Malgoverno e corruzione sono due dei nomi di queste strutture ingiuste.
Beh nel bel mezzo dell’ultima crisi di malaira ho visto la mia morte... le prime medicine non avevano funzionato, una super dose di chinino non aveva funzionato, eravamo già in viaggo verso Nebobongo un ospedale un pò meglio attrezzato ad una trentina di chilometri da Babonde, ma personalmente avevo già tirato qualche piccola somma della mia vita e salutato con affetto e senza rammarico la gente della missione che ho amato di cuore.

A distanza di qualche giorno rifletto su quello che è avvenuto. La crisi è passata velocemente, nessun esito nefasto, solo la necessità di una lunga convalescenza. Ma in qualche modo ho potuto avvicinare il pensiero della “mia morte” come mai era accaduto prima... un pensiero un pò ingenuo forse, quello di chiamare “sorella” quell’esperienza di vita che mette fine a questa vita, senza rabbia, senza quel retro-pensiero che ti fa esclamare “sarebbe stato meglio se... invece che... ”. Un pensiero inappropriato forse poichè “mi sono sbagliato alla grande” sulla data e sul momento che non è dato a noi di conoscere... ma un pensiero tuttavia reale e vero. Francesco d’Assisi chiamava “sorella, nostra morte corporale”. Nella speranza di una vita “altra” promessa ma non vista ancora. Da parte mia sono palesemente contento di essermi sbagliato sul momento, ma sono ugualmente contento di aver potuto avvicinare seranamente quell’esperienza che in altri tempi si ripresentrà, magari sotto altra forma. Comprendo anche un pò meglio quella rassegnazione, serenità, confidenza, fiducia di molti che in questi giorni si vedono portare via i loro bambini vittime di una malattia subdola ed impietosa. Vita e morte sono un mistero e si affrontano in duello, ma non sempre è scontro armato, talvolta l’una lascia dolcemente il passo all’altra poichè è naturale che così sia.

domenica 1 aprile 2012

Pasqua/Passaggio


Tutti sanno che la parola “pasqua” prende origine da un insieme di feste e riti antichi che significano in modo particolare “passaggio”. Di quale passaggio si tratta? Da un pascolo all’altro per i pastori di greggi, da una stagione all’altra e da una luna vecchia ad una nuova per gli agricoltori, da un paese all’altro e da una condizione di vita all’altra per gli esiliati e ridotti in schiavitù ora in cerca di libertà...
Pasqua/passaggio del mar Rosso, o mare dei giunchi, dall’Egitto alla terra promessa. Per gli ebrei il simbolo più evidente e più conosciuto di quel lungo viaggio che attraversa il deserto, mille peripezie e prove.



Verso il Sud di Babonde non è il mar Rosso ma il fiume Nepoko che fa da barriera e che occorre attraversare. E’ l’ostacolo verso Mambasa ed il confine con l’Uganda, oppure verso Kisangani, sede amministrativa e terza città del paese, sede di molte facoltà universitarie, di un discreto ospedale e di qualche buona attività commerciale. Verso Est è sempre il fiume Nepoko che ci separa da Wamba centro della diocesi e da tante attività della vita cristiana di questa chiesa. Verso Ovest di nuovo il Nepoko che fa da barriera verso la zona di diamanti e d’oro, fonte di guadagni ma anche miraggio di una ricchezza facile, opportunità di lavoro insieme a molte malattie talvolta mortali.


Il popolo Lika non attraversa facilmente il fiume, è gente di foresta e non conosce nuotare. Ogni traversata domanda dei soldi che non sono “moneta corrente” nelle mani di molti, impone anche  qualche fastidio “doganale” ed aumenta l’avversione al traghetto effettuato in piroga o su barconi malandati che imbarcano acqua in abbondanza, da svuotare in fretta con secchi e fatica. Sull’altra sponda la lingua è un’altra e le genti sono molte con i loro dialetti e costumi.

Ma la vita è comunicazione, viaggio, commercio, passaggio di conoscenze e di informazioni. Apertura al nuovo e sconosciuto, opportunità e rischio. La vita domanda di investire e di investirsi. Si potrà avere molto, come anche il perdere tutto.

Una domanda interessante si propone: sarà possibile perdere tutto per guadagnare di più?



La Pasqua/passaggio di Gesù Cristo sfida questa interessante domanda - perdere tutto per guadagnare di più - e ci provoca a seguirlo nel medesimo percorso. Discepoli e credenti, amanti dell’azzardo, amanti della vita, amanti delle promesse di Dio, Buona Pasqua a tutti.

venerdì 16 marzo 2012

Diamanti alternativi

Babonde – Mambasa, un itinerario di 480 chilometri circa, che solo un anno fa, utilizzando la moto, avrebbe richiesto non poche fatiche e molto spirito di avventura, e che in macchina sarebbe stato un calvario improponibile, abbiamo potuto realizzarlo in questa settimana abbastanza comodamente con una quindicina di ore di viaggio. Effetto positivo dei lavori di sistemazione della strada Niania – Wamba; piano piano noi di Babonde usciamo dall’isolamento e finalmente possiamo fare visita ai nostri confratelli di Mambasa, a distanza di più di due anni dal nostro ultimo passaggio. E’ cambiata Mambasa? Certamente risplende della sua nuova opera, il magnifico ospedale che brilla nei suoi freschi colori in mezzo al verde della foresta. Qualcuno si chiedeva se non fosse un doppione dell’ospedale pubblico che già esiste a Mambasa e così, senza ancora visitarlo, chiedo a qualcuno del posto se è già in funzione? e “come va”? Con grande stupore mi dicono che è già piccolo per il grande afflusso di persone che vi si reca apprezzando la serietà delle cure e i servizi della farmacia interna che dispone di tutte le medicine necessarie. Tutte le attrezzature non sono ancora arrivate, ma si respira già l’ossigeno della professionalità e della pulizia e questo non può che far bene sperare per il fututo. Padre Silvano mi accompagna per una breve visita ed il formicolio di persone è intenso: qualche parola agli operai che perfezionano i lavori fin qui fatti, il saluto alla dottoressa e al personale medico, l’aiuto ad un malato “spaesato” proveniente da Isiro...
 

Curare i malati è una delle virtù che il cristiano è chiamato a manifestare nelle opere ed il nuovo ospedale della missione di Mambasa potrà fare molto in questa direzione associando allo spirito evangelico la competenza del personale e l’opportunità inestimabile di una struttura adatta ed efficiente.
In queste zone si cercano oro e diamanti ed i lavoratori delle miniere sudano non poco per ricavarci qualcosa... il sudore di p. Silvano e dei tanti che l’hanno aiutato hanno potuto far brillare oggi un prezioso gioiello che non servirà solo l’estetica o la vanità ma che produrrà una grande quantità di bene. Se qualcuno talvolta si è sentito rivolgere la domanda “è bella Mambasa?” Oggi non ci possono essere dubbia nella risposta: “E’ veramente bella Mambasa”.

giovedì 16 febbraio 2012

Il viaggio e le sue incognite

Erano oramai tre anni che non percorrevamo più la strada che da Babonde, passando per Wamba, ci porta fino a Kisangani, capoluogo della Provincia Orientale e sede di molte delle nostre comunità ed attività. Nel 2009 eravamo riusciti a passare con la nuova Land Rover in direzione inversa, ma poi il percorso era divenuto impossibile e l’unico mezzo era rimasto l’aereo o l’odissea di un viaggio infinito in moto. Ora finalmente dopo più di un anno di lavori la strada è stata riparata e in due giorni soltanto siamo riusciti a percorrere i 550 chilometri che ci separano. Una strada che sia viabile è un’enorme apertura, fonte di novità importanti: è la possibilità di collegamenti sicuri, di sviluppo economico, di riduzione dei prezzi dei prodotti che vengono dall’esterno, possibilità di esportare i prodotti locali, faciltà di comunicazione  e di passaggio di informazioni, uscita dall’isolamento, che genera ignoranza e rende possibile ed impunito il sopruso da parte dei “forti”. Le famiglie possono visitarsi, gli scambi economici fiorire, la comunicazione del sapere intensificarsi, grazie al movimento degli studenti, le collaborazioni tra le univarsità, lo scambio di esperti nei vari domini.

Come risaputo, in Congo le cose non sono mai semplici, così che l’apertura della strada che permette ora ai grossi camion di passare con i loro enormi carichi, talvolta eccessivi, ha come conseguenza il pericolo di mettenre a repentaglio la sicurezza dei ponti progettati e costruiti per pesi limitati.

In questi ultimi tempi sulla nostra strada già due ponti hanno dovuto essere rifatti dopo essere stati “abbattuti” dall’imperizia e dalla trasgressione dei limiti. Le guardie ed i militari preposti alla vigilanza, senza salario sufficiente e sicuro proveniente dallo stato, sono facilmente corrompibili.

Noi stessi ne abbiamo fatto le spese dovendo attendere più di sette ore sotto il sole, la riparazione in corso del ponte sul fiume Lindi. Un buon esercizio di pazienza, un’occasione di dialogo con la popolazione locale, assaggiando i cibi preparati sul posto – il pesce non poteva mancare – e l’apprendimento di qualche nozione su come sono stati costruiti quei ponti in epoca coloniale e che ancora continuano a servire migliaia e migliaia di persone.

Visite


Il mese di febbraio è stato ricco di visite importanti alla missione di Babonde. Il nostro Vescovo Mons. Kataka Janvier per una Visita Pastorale di tre giorni, incontrando i vari gruppi presenti, celebrando ed istruendo, riconfermando le direttive pastorali, rispondendo ai vari quesiti, preoccupazioni pastorali e domande di chiarimento. Sono stati giorni di festa e di “laboratorio”. Incontro con i catechisti, con gli insegnanti, con i giovani... la partita di football cui ha dato il calcio d’inizio, il concerto dei giovani... Tre giorni per vedere da vicino Babonde e per orientare bene il cammino pastorale, per “confermarci” nel nostro lavoro e darci coraggio. Immediatamente dopo il passaggio del Vescovo ha seguito la visita dei nostri superiori della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, una delegazione proveniente da Roma e da Kisangani, che dopo diverse peripezie lungo la strada sono riusciti a condividere con noi una breve mezza giornata, presentandoci la vita della nostra congregazione a livello mondiale e mettendosi in ascolto della nostra comunità e della sua vita. Due visite importanti, momenti di accoglienza, di incontro e di ascolto, che ci hanno permesso di uscire  dall’isolamento cui spesso siamo forzati a vivere, riaffermando che la notra comunità ed il lavoro di ciascuno è inserito e collegato ad un piano più ampio, quello della diocesi, della congregazione e della Chiesa universale. Respirare quest’aria ci ha fatto del bene. Ringraziamo tutti di cuore.