giovedì 7 novembre 2013

MANGELE

Restiamo sempre in ambito scolastico, poiché l’educazione ci preoccupa e di educazione ci occupiamo. Ecco qualche foto che proviene dal villaggio di Yambenda, fa parte della nostra vasta parrocchia e si trova ad una quindicina di chilometri Babonde, in “zona miniere”. Parlare di “zona miniere” vicino a Babonde significa che lungo i corsi d’acqua, setacciando la sabbia si possono trovare piccolissime pagliuzze d’oro. E’ l’oro cosiddetto alluvionale, il lavoro di una giornata può rendere il valore di 3/4 dollari ma anche nulla se non si è fortunati. Molti, delusi, si dedicano all’agricoltura che ha dei rendimenti più sicuri, per poi ritornare di tanto in tanto a prendere in mano setaccio, catino e pala, gli strumenti del cercatore. I giovani al contrario, sono molto più attirati dai guadagni immediati ed importanti, spesso solo sognati, senza la pazienza di attendere lo scorrere delle stagioni.
Già da diversi anni a Yambenda aveva preso avvio il progetto della costruzione di tre aule scolastiche  per una scuola superiore con l’indirizzo agro veterinario. Il progetto aveva però conosciuto numerose difficoltà, il comitato sul luogo piuttosto che costruire aveva sperperato, poi il disinteresse dei responsabili, infine la disaffezione degli studenti alla scuola stessa, poiché l’opzione di agronomia non attira affatto i ragazzi, anche se in un futuro – che non crediamo sia però prossimo -  sarà senz'altro una scienza necessaria e ricca di ricadute positive: lavoriamo per il futuro. Ecco che finalmente da qualche mese a questa parte le cose si sono rimesse in marcia e i pochi mattoni prodotti all'inizio del progetto sono stati messi in opera, in maniera appena sufficiente a  sostenere il tetto di lamiere, le quali riposavano in magazzino da oramai troppo tempo. Ne sono uscite due aule, delle tre inizialmente previste, purtroppo con qualche ritardo sull'inizio dell’anno scolastico. Il risultato, sebbene parziale, ha comunque creato un buon effetto positivo incoraggiando i responsabili della scuola ed i genitori dei ragazzi iscritti a rimboccarsi le maniche e a fabbricare la quantità di mattoni che resta, e questo lascia ben sperare per un avanzamento del progetto nel corso dell’anno, anche se sappiamo che gli entusiasmi iniziali si raffreddano in fretta anche in zona a clima equatoriale. Ecco qualche foto presa sabato pomeriggio scorso, ovviamente i ragazzini che vedete non sono gli studenti ordinari, ma i bimbi delle abitazioni vicine, che accorrono sempre in numero sufficiente per riempire il quadro della fotografia, ma possiamo facilmente immaginare in essi gli allievi potenziali di domani, vista l’esplosione demografica in atto.
Le “impalcature” in canne di bambù rimarranno ancora qualche giorno per permettere di “ungere” le travi del tetto in modo da rendere indigesto il legno alle affamate termiti che costituiscono una minaccia permanente anche per le costruzioni più robuste.

Ah, dimenticavo, perché il nome Mangele alla scuola? Non è raro che la popolazione per onorare e conservare la memoria dei notabili o dei capi tradizionali del presente o del passato, capi di “groupement” (un insieme di villaggi) o della “chefferie” (l’insieme dei “groupements”), dia alle scuole il loro nome. E’ così che abbiamo i nomi dei capi di allora o di adesso come Mangbukele, Mangadima, Esokobane, Zatua e via dicendo. Nello stesso tempo si spera con fiducia in un trattamento di favore e qualche aiuto da parte dei diretti discendenti, cosa che è sempre la benvenuta.

venerdì 25 ottobre 2013

MISSIONI

Alla Parrocchia di Chirago - Butembo - RDC.
E’ oramai notte, e già da qualche ora funzioniamo alla luce della batteria, ed è in questo momento che rifletto sulla fine della giornata di oggi, le celebrazioni a Gbunzunzu e a Fungula, due villaggi della nostra vasta parrocchia, e la giornata di preghiera per le missioni che si è celebrata dappertutto nel mondo intero all’interno delle comunità cristiane e da noi ugualmente. Non volevo chiudere questa giornata senza dare un piccolo segno di vita. Si leggeva oggi che la forza della missione è espressione di una comunità matura, che sa essere feconda, non solo all’interno della propria porzione di territorio, ma anche altrove, fino agli estremi confini...
Ora tutti noi sappiamo che di confini ne abbiamo molti, non solo quelli geografici e di "confini estremi" pure ne abbiamo molti:
le parti più nascoste del nostro spirito; i fratelli in umanità che ci sono accanto ma che non abbiamo mai visto oppure non abbiamo mai considerato come tali; i cosiddetti “perduti” per le più disparate ragioni, oramai alla perifera della società, le “boccie perse”; coloro che non si sono mai integrati o non si sentono “dentro” assieme agli altri; coloro che non sono dei “nostri” e coloro che vengono da altrove... sono solo alcuni dei tanti “confini”.

Mi considero un fortunato per poter essere al servizio del Vangelo in un luogo lontano dalle “mie terre”, vicino ad uno dei tanti confini del mondo, ma penso che possiamo condividere questa fortuna visto che, appunto, i “confini estremi” sono molti e variegati e a tutti è dato di oltrepassarli, nella sincerità verso il più profondo di se stessi che è allo stesso tempo sincerità di fronte a Dio creatore . A tutti noi allora buona festa della missione ricca di autenticità, di coraggio e di aperture.

giovedì 10 ottobre 2013

GEOGRAFIE DEL MONDO E RAPPRESENTAZIONE DELLA REALTA’

Un nostro confratello 
ha effettuato un viaggio in Madagscar, e mentre era assente parliamo di lui assieme a due giovani che hanno già ottenuto il loro “Diplome d’Etat” ossia hanno già superato l’esame di maturità. Nella conversazione domando loro se sanno dové il Madagascar e se possono indicarlo su di una carta geografica che è appesa al muro. Con gande stupore (mio) e un pò di imbarazzo (loro) non riescono a mettere il dito sul punto giusto, l’isola del Madagascar. Tento allora con qualcosa di più facile, se possono indicarmi dovè il continente Africa, e stavolta è il disappunto quando vedo l’incertezza regnare fino a puntare l’America del Sud piuttosto che l’Africa.
Questo episodio mi stuzzica ed inizio qualche riflessione, innanzitutto sul livello oramai degradato degli studi: anche coloro che sono regolari alle lezioni, alla fine del loro percorso si ritrovano con palesi lacune e talvolta senza aver svolto una parte importante del programma o senza aver assimilato numerosi punti elementari. E’ pane comune ridurre la scuola a banco di commercio dove si acquistano e si vendono i punti e le promozioni o dove si vedono gli alunni ridotti a mano d’opera a buon mercato nei campi da coltivare dei professori; senza tralasciare gli insegnanti dimenticati e malmenati dal loro primo datore di lavoro che è lo Stato, costretti a mille manovre e arrangiamenti per sbarcare il lunario sulle spalle di una nobile professione e vocazione che è l’educazione e l’insegnamento. Infine i genitori oramai stanchi di essere chiamati in causa per ogni cosa: la costruzione delle aule scolastiche, l’acquisto dei manuali per gli insegnanti, l’autofinanziamento per i banchi degli alunni, la quota mensile per garantire una remunerazione minimale agli insegnanti...
In buona sostanza sono questi i motivi che ci hanno spinto alla realizzazione del progetto “Institut Ste Marie”, la scuola superiore che vuole raccogliere la sfida dell’educazione poichè, come detto, in causa non è solo l’insegnamento della geografia ma le basi stesse dello sviluppo che poggiano sulla trasmissione del sapere. Una nuova generazione senza istruzione è una generazione alla quale è stata privata l’eredità che gli spetta: il sapere delle generazioni che l’hanno preceduta, ed è ora costretta a ricominciare da zero. Avremmo dovuto inaugurare il nostro “Institut Ste Marie” in questo mese di settembre ma il responsabile degli studi ha avuto un piccolo incidente ed è stato costretto ad un viaggio per cure mediche. La data è quindi riportata, ma tutto è al posto giusto e salvo qualche rifinitura l’essenziale c’è. Le lezioni hanno ben cominciato, con le due sezioni per il momento: le magistrali (pedagogie) e il corso professionale del “taglio e cucito”. Le sale sono riempite, gli studenti accorrono per iscriversi, i genitori sono contenti di inviare e sostenere i loro ragazzi e ragazze (sempre troppo poche in proporzione ai maschi) in una scuola che promette di dare ottimi risultati, che non riduce gli studenti al lavoro manuale, che non inventa ogni giorno nuovi balzelli, che paga con regolarità gli insegnanti. Un GRAZIE ENORME e sincero a tutti quanti hanno contribuito: i benefattori, gli operai, gli studenti stessi, gli insegnanti... Una scuola così ben costruita e ben funzionante è difficile vederla nel raggio di qualche centinaio di chilometri. Con l’aiuto del buon Dio non deluderemo e non saremo delusi.

A partire dalla iniziale isola del Madagascar e dalla carta geografica del mondo vorrei aggiungere una riflessione sulla “rappresentazione della realtà”, ossia sul processo di apprendimento che ci permette di chiamare le cose con determinati nomi o segni (simboli, immagini) e a collocarle in un deteminato contesto di significati e di valori. Tra noi umani stipuliamo delle convenzioni, e ci accordiamo nel pronunciare un suono che chiamiamo “nome” e quando l’abbiamo pronunciato esso ci  permette di pensare a quella cosa sulla quale abbiamo convenuto e che abbiamo abbiamo vista o gustata o toccata oppure sperimentata o ancora semplicemente immaginata perchè ci è stata raccontata. Ecco che chiamiamo Madagascar una porzione di terra e di abitanti, un luogo geografico determinato e che rappresentiamo con un segno grafico su di un foglio bianco e lo circondiamo di azzurro per significare che è un’isola e tutto attorno è il mare. Già tutto questo domanda una serie impensata di convenzioni, di accordi taciti tra gli uomini e di istruzioni di modo che chiunque, in qualsiasi parte del mondo, sia stato istruito in questo modo possa indicare al suono “madagascar”  un punto preciso in un foglio disegnato e colorato ed immaginare una terra concreta, degli uomini, una lingua e via dicendo. Non è certamente il Madagascar (fatto di terra e di acqua, di piante, animali ed uomini...)  quella piccola porzione di carta colorata su quel foglio incorniciato appeso al muro e non è certamente “là” il Madagascar quando lo indico con il dito. Ma neppure sono in torto quando studio l’Africa e mi rappresento la realtà con l’aiuto di una carta geografica o di qualche fotografia. Mistero e potenza delle parole e dei simboli, mistero e potenza del linguaggio e della comunicazione. Poter significare qualcosa che è ben reale, senza tuttavia poterlo ridurre alla parola che lo pronuncia e lo evoca e senza poterlo ridurre al simbolo che lo rappresenta. Siamo nell’anno della fede, secondo la Chiesa cattolica, ed allora mi domando quale potenza e mistero si possono nascondere e rivelare allo stesso tempo pronunciando la parola Dio? La riflessione adesso potrebbe farsi troppo lunga, ma sarà senz’altro interessante.

mercoledì 7 agosto 2013

FARMACIA in PARROCCHIA

Per coloro che già conoscono bene Babonde sarà sufficiente ricordare che se il villaggio è di dimensioni modeste è però dotato di un grande ospedale, che nella sua struttura supera di gran lunga quelli di Pawa o Nebobongo, anche se purtroppo al di là della struttura muraria le autorità sanitarie da tempo lo hanno privato di sostegno e di personale adeguato. E’ in questi ultimi mesi che qualcosa si sta muovendo in senso positivo: l’arrivo di un medico e molte buone iniziative per rimettere in funzione i differenti reparti con uno spirito nuovo e costruttivo. Certo che una buona consultazione e delle cure adeguate abbisognano di altrettante medicine e farmaci adeguati ed efficaci. Cosa non sempre scontata: difficoltà di approvvigionamento, costi elevati, qualità scadenti delle medicine a causa della pirateria o della cattiva conservazione... Anche ai nostri giorni sono numerosi coloro che continuano a rivolgersi ai guaritori tradizionali che spesso mescolano una dose di reale e buona conoscenza sulle proprietà curative di erbe e cortecce con un’altra dose di “bricolage”, ossia di tentativi alla cieca alla ricerca di qualche improbabile soluzione.

Fiducia nei guaritori tradizionali e mancanza di mezzi finanziari spingono molti tra la popolazione a ricorrere solo in seconda battuta alle medicine dei “wazungu” (le medicine dei bianchi). Altra pratica ricorrente è l’automedicamento, causato ancora una volta dalla povertà e mancanza di denaro: chi è malato senza previa consultazione di un dottore o di un infermiere si rivolge direttamente alla farmacia per acquistare “dawa ya kusaidia”, qualche medicina che lo possa aiutare. Sarà secondo il grado di preparazione del “farmacista”, normalmente senza alcun titolo scolastico e secondo le medicine disponibili al momento che il malato potrà averà un aiuto adeguato o meno.
Continuando ad aggiungere qualche elemento sulla situazione sanitaria locale e sui guaritori tradizionali, un nuovo aspetto ci è stato rivelato dalla equipe mobile di medici oftalmologi che tre volte all'anno lasciano Isiro e si fermano a Babonde per consultazioni e piccoli interventi ambulatoriali. Essi ci confermavano che diversi danni agli occhi sono provocati da questi maldestri guaritori che applicano sui delicati occhi degli impasti dannosi e nocivi.   

Ma veniamo a noi, da una settimana in parrocchia, giusto a fianco dell’ufficio parrocchiale ha preso il via, dopo solenne inaugurazione e benedizione, la farmacia della parrocchia. E’ grazie ad un benefattore italiano, rimasto per il momento sconosciuto e che ringraziamo vivamente a nome nostro e di una folla di beneficiari, che abbiamo potuto valorizzare una sala recentemente costruita ed acquistare alcuni medicinali di prima necessità, tenendo i prezzi bassi, alla portata di quasi tutti e cercando di garantire la qualità necessaria. Anche i piccoli centri sanitari sparsi nei villaggi limitrofi hanno apprezzato sinceramente l’iniziativa sapendo che troveranno nella nostra Farmacia un riferimento sicuro per non mancare dei medicinali necessari ad un prezzo equilibrato. La farmacista che la gestisce, maman Cyprienne, ha una conoscenza base dei principi farmacologici e una lunga esperienza nel settore e appena possibile continuerà la sua formazione. Noi della missione con i differenti contatti nei grossi centri commerciali, Isiro, Butembo, Kisangani... cerchiamo di garantire l’approvvigionamento e la buona qualità (provenienza sicura e data di scadenza non oltrepassata).

La prima settimana dal giorno dell’apertura è oramai passata e tutto lascia ben sperare in un sensibile miglioramento nell'aiuto medico sanitario di cui la popolazione può e potrà beneficiare.

IL TRATTORE UN ANNO DOPO



Continua a dominare la vista del nostro cortile, riparato sotto la recente tettoia, il nuovo trattore arrivato da circa un anno. Allora il tempo è opportuno per tentare un piccolo bilancio considerando il notevole investimento necessario per l’acquisto ed il lungo viaggio effettuato, dapprima in container via Mombasa (Kenya), Kampala (Uganda) e Butembo (R.D.C.), ed in seguito per strada, sulle “nostre” strade, da Butembo, dove è stato sdoganato, fino a Mambasa dove presso la missione dei nostri confratelli abbiamo potuto acquistare (quasi regalato) un rimorchio, e quindi direzione Babonde per gli ultimi 500 chilometri in “soli” cinque giorni. Non possiamo che essere contenti del trattore e degli attrezzi arrivati insieme, una pala per livellare, un braccio per sollevare, un’erpice per rompere il terreno, anche se l’utilizzo è stato quasi esclusivamente indirizzato al trasporto dei materiali ed in una misura poco rilevante per l’agricoltura. Già l’agricoltura, nel nostro contesto rurale, dove tutti hanno il campo se vogliono mangiare e vivere, tutto è ancora lavorato alla mano, senza l’aiuto di animali che sopravvivono difficilmente alle malattie e dove la foresta la fa da padrona, nel senso che non sono disponibili degli appezzamenti di terreno liberi da tronchi e radici e quindi potenzialmente coltivabili con dei mezzi meccanici come il trattore. 
Sono inesistenti pianure alluvionali o terreni disboscati e mantenuti tali per lunghi periodi.  Anche nel terreno della  parrocchia, che all'epoca ha ospitato per qualche decennio una piantagione di caffè e dove le grosse radici sono oramai sparite, occorre essere molto prudenti quando vi si entra con gli attrezzi agricoli poiché fino ad oggi non è ancora del tutto privo di ostacoli pericolosi. A questo si aggiunge il problema del costo proibitivo del carburante (circa due euro per litro a Babonde), che scoraggia l’investimento iniziale necessario per la preparazione del terreno.
In fin dei conti allora il 90% dell’utilizzazione del trattore con il suo rimorchio è stato in funzione del trasporto materiali, senza di esso avremmo avuto davvero dei grossi problemi per la costruzione della nuova scuola superiore “Institut Sainte Marie”, il cui cantiere vedrà la fine in questo mese di agosto: pietre di fondazione, terra per il riempimento, sabbia, ghiaia, mattoni e blocchi di cemento, assi di legno per il tetto e i serramenti, tutto è stato possibile grazie al trattore. E’ da ricordare che tutti i materiali sono “auto prodotti” salvo il cemento e le lamiere per il tetto che sono i importazione. Ogni giorno più viaggi: sui bordi del fiume per estrarre e prendere la sabbia, alla cava per le pietre, con le presse per fabbricare i mattoni e trasportare la legna per cuocerli “al forno”, in foresta con la motosega per produrre le assi, alla traversata di Legu, sul fiume Nepoko per recuperare il cemento trasbordato con delle piroghe in mancanza del ponte... Senza di esso avremmo dovuto utilizzare la nostra povera Land Rover per tutti i lavori e davvero non so come avrebbe potuto uscirne indenne. Organizzare il lavoro alla mano (carriole) avrebbe causato dei costi enormi, dei sicuri ritardi e un’apparenza di ritorno ai lavori forzati.
Fino ad oggi, grazie anche alla periodica manutenzione, non abbiamo avuto problemi di guasti, solamente il filtro del carburante ad un certo momento ha rifiutato di lasciar passare il liquido. Stavamo utilizzando del carburante di provenienza da Kinsangani che è notevolmente più pesante e meno raffinato, di quello proveniente dall’Est (Kenya e Uganda). Il  “mazout” ci arriva infatti in fusti di ferro non essendoci stazioni o pompe di servizio talvolta con della sporcizia dentro che ne fa aumentare abusivamente il contenuto. Puliti i filtri e cambiato il carburante la marcia ha ripreso senza ostacoli.
Probabilmente sarà la costituzione di un comitato o di una cooperativa agricola, sarà il mettere insieme le forze che potrà darci qualche idea ulteriore e qualche possibilità concreta per un utilizzo del trattore a scopi agricoli, secondo la sua “vocazione specifica”. Le sementi normalmente disponibili e l’esperienza locale si focalizzano sul riso e i fagioli; la soja ed il maïs sono conosciuti ma non molto utilizzati, vista anche la mancanza di mulini adatti per ridurre le granaglie in farina. E’ alla parrocchia che è in funzione l’unico mulino in un raggio dei diverse decine di chilometri.

Ogni villaggio della parrocchia, sono più di quaranta, ha un piccolo nucleo di persone della Commissione “Maendeleo” (Sviluppo), ossia un comitato per delle azioni di sviluppo, vuoi per dei campi coltivati comunitariamente, vuoi per la costruzione della chiesa/scuola/ambulatorio di villaggio, vuoi per la sistemazione delle strade e piccoli ponti in legno. Sarà a partire da loro che potrà prendere il via qualche piccola nuova iniziativa agricola. La speranza non manca.

venerdì 12 luglio 2013

Comunità Internazionale

In questi giorni un piccolo soffio di internazionalità a Babonde e precisamente nella nostra comunità, siamo
infatti in buona compagnia di nuove presenze e questo ci fa un sacco di bene, restare insieme scambiarci le esperienze e le preoccupazioni. Da oramai due mesi vive assieme a noi il dottor Samuele, nuovo arrivo a Babonde, in attesa che la sua abitazione, fornita dall’ospedale,  venga sistemata (aveva subito una specie di saccheggio quando l’equipe di Medici senza frontiere aveva terminato la missione). E’ il suo primo impegno come responsabile di un ospedale, con appena due anni di lavoro sul campo, ma l’esperienza accumulata è già abbondante è può beneficiare di numerosi contatti con altri ospedali e qualche medico europeo o americano che in altri ospedali della zona (trenta o qualche centinaio di chilometri di distanza) si rende disponibile per qualche periodo di volontariato e per un prezioso passaggio di nozioni. Non è cattolico, ma cristiano protestante e le missioni protestanti di Nebobongo, Nyakunde, Bunia ... già da tempo hanno avviato questa importante collaborazione/gemellaggio tra ospedali e medici specialisti. Possono inoltre benficiare di una rete di piccoli aereoporti (piste di atterraggio e decollaggio su erba) e di una compagnia aerea missionaria, la MAF, che a partire da Kampala può arrivare rapidamente anche in luoghi piuttosto sperduti con piccoli aerei di una quindicina di posti.

In questi giorni siamo insieme al diacono Michel Mapoto, originario di un villaggio a pochissimi chilometri da Babonde, che tra due settimane sarà ordinato prete diocesano a Wamba assieme ad un altro confratello. Siamo infine insieme al giovane Sein Pyo, originario di Seul, Corea del Sud, che attraverso intricate amicizie è arrivato fino a Babonde per una visita di conoscenza in attesa di partire per gli Stati Uniti e gli studi di medicina. Lui ed il dottor Samuele hanno una comune amicizia nella piccola compagnia aerea di cui scrivevo sopra, e fortuna/provvidenza ha voluto che il responsabile di questa compagnia possa sostenere i suoi studi e permettergli un viaggio in Africa.

La lingua in questi giorni era l’inglese, io naturalmente ero il più zoppicante al confronto con il Coreano, il nostro confratello Jean Pierre (che ha studiato in Africa del Sud), il diacono che tra l’altro è insegnate di inglese nelle scuole superiori ed il dottore. Ho ascoltato molto e parlato poco, ma non è stata una brutta cosa. La gente del posto ci ha chiesto quando avremo ancora dei bianchi come l’amico coreano con gli occhi strani... Ho risposto che non sarà semplice vedere dei bianchi originari dell’asia, ma non impossibile visto che già in questi giorni questa eventualità si è realizzata, magari dei bianchi di altra provenienza sarà più facile. E’ un invito appena velato per chi ci legge e volesse vedere Babonde non solo in foto. Ciao.

lunedì 27 maggio 2013

CONNESSI

E' oramai dalla settimana che ha seguito la Pasqua che il blog rimane in silenzio, non perché nulla di nuovo sia successo ma perché la connessione internet ci è sfuggita: coloro che ci offrono il servizio hanno cambiato satellite e qualche parametro ed il tecnico che doveva venire a risistemare il tutto dopo essersi annunciato più volte ha desistito vedendo la difficoltà di raggiungerci... Babonde per strada non è così vicina. Ecco che abbiamo dovuto ricorrere ai mezzi di fortuna e cercare di arrangiarci come possibile. Dopo oramai due mesi eccoci di nuovo in linea.

Allora ed innanzitutto i migliori auguri a tutti di una Santa Pasqua, oramai lontana nel calendario ma per noi ancora fortemente presente, poiché è nella notte di Pasqua che i nuovi cristiani vengono battezzati e nei numerosi villaggi di Babonde è in queste settimane che continuiamo a celebrare il sacramento del Battesimo per i catecumeni oramai preparati. Ricevono il Battesimo e l'Eucaristia la “com-unione” l'essere insieme al Cristo e alla comunità dei fratelli... mistero di vita spirituale e realtà di vita vissuta. Il Cristo è per tutti, per abbracciare tutti. Realtà di fede e realtà comprensibile, realtà bella e vivibile anche se tutti si accorgono che la si può vivere solo parzialmente, al di qua delle aspettative e delle aspirazioni, a meno che una forza dall'alto ci venga data. E' per questo che il giorno del battesimo è l'inizio di un cammino che dura tutta la vita.



A proposito di cammino, nel dopo Pasqua siamo stati a Butembo in visita alla nostra comunità e parrocchia  di Kirago e per qualche compera importante visto che Butembo un grosso polo commerciale per tutto l'Est del Congo. Il centro della città è costellato di piccoli magazzini con ogni "ben di dio", la circolazione è intensa e a causa di questa è quasi perennemente immerso nella polvere o nel fango. Un viaggio lungo tre giorni e ben movimentato, un ponte caduto (non per colpa nostra), con le ben note conseguenze di traversata in "battello" e gli ampi ritardi, un guasto alla Land Rover, molta fatica ma tutto bene.


Abbiamo comperato un pò di medicinali per aprire una farmacia della parrocchia, un macchina per fabbricare i mattoni, un piccolo gruppo elettrogeno per le macchine elettriche della falegnameria e tante altre piccole cose per noi e per gli amici di Babonde che non possono permettersi un viaggio così lungo.







A Kirago abbiamo incontrato i giovani in formazione che desiderano entrare nella congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore, sono numerosi e i posti per accogliere tutti non sono sufficienti, anche da Babonde ogni anno inviamo due o tre candidati, i quali alla fine devono "subire" un test d'ammissione... per continuare il percorso di studi e di vita comunitaria. Dal mio punto di vista è un pò triste dover mettere insieme l'appello alla vocazione e la necessità di una selezione, ma per il momento sembra non ci siano alternative. Verso l'Est del paese ci si avvicina alle montagne ed anche il clima è diverso. Difficile immaginare che vicinissimi all'Equatore si possa sentire freddo.

lunedì 25 marzo 2013

Toujours prêt



 Quest’anno i differenti gruppi Scout della nostra zona nell’occasione del giorno di ricordo dell’iniziatore del movimento (Baden Powell) che cade il 22 febbraio, si sono dati appuntamento a Babonde per un fine settimana. E’ così che abbiamo potuto vedere “uvumbi na jasho” la cui traduzione letterale è “polvere e sudore” e sta per significare entusiasmo, movimento, danze, canti e giochi a volontà senza stancarsi.




 Alcuni gruppi erano ben rappresentati, altri assenti a causa dell’insicurezza dovuta alla presenza di ribelli lungo il tragitto i quali nascosti in foresta possono apparire da un momento all’altro per poi rifugiarsi nuovamente nel fitto della vegetazione. In tutto eravamo un pò meno di duecento persone.
Sono ripetutamente risuonate le parole d’ordine classiche al movimento, secondo le fasce d’età e in francese naturalmente: De notre mieux! Toujours prêt! Ainé pour servir! Anche se la lingua base rimane lo swahili un pò di francese non guasta.
 Molte sbavature nell’organizzare le attività, la cucina, la formazione, ma quasi nessuno se n’è accorto, i parametri per misurare i diversi elementi in gioco ed il concetto locale di “perfezione”, sono da tempo rivisti al ribasso e per la maggior parte non sono dovuti a colpe personali ma a deficienze strutturali: vedi l’isolamento dei gruppi, la mancanza di responsabili sufficientemente formati, di testi di supporto e molto altro. In ogni caso, a detta di tutti l’esperienza è ben riuscita e da ripetere quanto prima... in ricordo qualche bella foto.

martedì 5 marzo 2013

Belle soddisfazioni


 E’ un pò raro dalle nostre parti poter festeggiare un laureato dottore in medicina, pochissimi possono sostenere la lungezza degli studi, i costi accademici, le distanze da percorrere poichè non ci sono università a “portata di mano”. Ma quest’anno questa soddisfazione l’abbiamo avuta grazie a Jean Pierre. E’ giusto la settimana scorsa che ha ottenuto i gradi accademici. In questa settimana presterà il giuramento d’Ippocrate, poi il tirocinio ed infine il lavoro. I malati, come dappertutto, non mancheranno. Soffrirà insieme a tanti colleghi le lentezze e le inadempienze del sistema sanitario della Repubblica, ma potrà rendere un sacrosanto servizio visti gli innumerevoli ciarlatani che frequentano le nostre contrade in cerca di ingenui e sfortunati da spogliare.
Fa parte della “prima promozione” di laureati in medicina dell’università dell’Haut Uele d’Isiro, ma ha dovuto segurie gli ultimi quattro anni del percorso di formazione nella capitale Kinshasa. E’ stato grazie al concorso di molti e alla sua tenacia che ha potuto tagliare il traguardo senza perdersi per strada: la famiglia, la missione di Babonde grazie all’associazione italiana “La Rete”, un conosciuto deputato nazionale originario di queste zone... stavolta la dinamica della “famiglia africana” ha funzionato, nel senso che molti hanno messo mano all’obbiettivo comune e alla fine è stato raggiunto.
Quando quattro anni fa ci si domandava come avrebbe potuto riuscire a viaggiare fino a Kinshasa e lì vivere e studiare, ebbene in molti abbiamo titubato, ma alla fine ha prevalso il pensiero che nel fare un passo alla volta, senza rompersi prematuramente la testa con delle preoccupazioni inutili, qualcosa di buono sarebbe comunque uscito. Il vangelo di oggi dice che “uno semina ed un altro raccoglie”, nel senso che coloro che arrivano dopo, in un secondo momento possono beneficiare e gioire del lavoro duro che precedentemente è stato fatto. Questo apre ad uno spirito di riconoscenza per tutti coloro che hanno preceduto e per quanto è già stato fatto, come anche apre ad uno spirito di fiducia che incoraggia ogni giorno a dare inizio a cose nuove anche a lungo termine, affinchè altri possano ugualmente gioire.
Buon lavoro doc Jean Pierre, che molti possano beneficiare di quanto hai potuto apprendere e che ti accompagni sempre  un animo aperto e generoso.

martedì 5 febbraio 2013

A ciascuno la sua!


Sono molte le strade che l’uomo può percorrere nella sua vita, alcune sono di sua scelta altre semplicemente accadono per coincidenza o per provvidenza, per accidente o per concomitanza di eventi. Qualcuno ancora si lascia scegliere o lascia che altri scelgano per lui...
Ci sono le mille piccole scelte di tutti i giorni, il vestire e il mangiare, ma anche come rispondere alle provocazioni, ai saluti, agli imprevisti o alle domande di aiuto. Ci sono le grandi scelte quelle che dirigono e condizionano fortemente il futuro e che impostano le linee fondamentali del nostro essere: gli studi, la professione, la famiglia... In questo senso si parla talvolta di vocazione, la vocazione della propria vita. In questa espressione c’è il senso di un misto di scelta interiore e di chiamata dall’esterno, un misto di azione personale assieme all’azione degli altri che consigliano e suggeriscono o influenzano ed infine un insieme di realtà umane e divine poichè quando si dice vocazione si dice qualcosa che è inscritto fin dalle nostre origini nel nostro essere, nel nostro profondo e nello stesso tempo proviene dall’alto e lo si scopre nella fede, nella Parola di Dio, nella vita della Chiesa.A Babone in quest’anno della fede abbiamo pensato necessario tradurre questa attitudine dell’uomo rivolto verso Dio, dell’uomo che sa scegliere e che ascolta, con un’attenzione tutta particolare al Sacramento del Matrimonio. Moltissimi giovani e ragazze, uomini e donne, stabiliscono una nuova unione, si mettono insieme talvolta precocemente, hanno figli e figlie, costituiscono famiglia, ma quest’elemento fondamentale della vita è solo raramente illuminato dalla luce della vita cristiana, ossia dalla vita di Cristo che è Amore. E’ una scelta certamente, senza tuttavia essere ancora vocazione, scoperta e risposta all’appello che sta nel profondo e che ha origine da qualcun altro che ci precede. Ecco allora che possiamo constatare numerose unioni, le quali talvolta hanno delle connotazioni non troppo felici, sono unioni di “contratto” tra le famiglie, unioni combinate dai geniori; sono unioni di “interesse”, spesso perchè una donna o una donna in più (poligamia) può essere molto utile nel lavoro dei campi o per un buon menage familiare soprattutto se il marito ha differenti interessi commerciali. La donna a sua volta può cercare le risorse economiche del marito o mirare ad essere la “prima” tra molte. 

Tra i giovani abbiamo ancora le unioni per “curiosità” del nuovo o di quel “desiderio” che brucia le tappe senza le premesse sufficienti, spesso di breve durata, o quelle costruite al mercato in qualche momento di libertà rispetto alle occupazioni familiari che sono anche di “contestazione” ai genitori e alle loro esigenze divenute oramai troppo strette per un o una adolescente... Assistiamo anche alle unioni di “prova”, per verificare se una relazione tiene, se l’intesa tra i rispettivi clan si consolida, e verificare soprattutto se ci sono dei figli, poichè una coppia senza figli non può sopravvivere a se stessa e alla pressione della famiglia che reclama ed esige una discendenza abbondante. La malattia, la morte precoce, le difficoltà economiche o di relazione tra gli sposi o con i familiari sono altrettanti motivi che fragilizzano le numerose libere unioni.


 La prassi della chiesa stabilisce che chi, cristiano, vive in una unione libera non possa comunicare all’Eucaristia fino a quando non abbia celebrato il proprio matrimonio nel Sacramento. E’ una misura che priva di un bene, l’Eucaristia, per far scoprire un altro bene quello del Sacramento del Matrimonio. 

E’ una misura disciplinare ma a Babonde abbiamo voluto privilegiare l’aspetto educativo e preparare una catechesi, una formazione o sensibilizzazione al matrimonio che possa arrivare a tutti. Il primo passo è stata la formazione dei catechisti, che in molti villaggi svolgono la funzione del prete, per quanto è loro possibile, nelle celebrazioni e nella guida della comunità. Assieme ad essi abbiamo in seguito cercato la formazione dei responsabili delle CEVB ossia delle comunità ecclesiali di Base, piccoli gruppi di cristiani ragruppati secondo i quartieri o piccoli insiemi di famiglie vicine.
Molto positiva quasi entusiastica è stata l’accoglienza, e qualche frutto abbiamo iniziato già a raccoglierlo: il 25 novembre scorso 8 coppie si sono sposate; il 27 gennaio tre coppie, tra le quali una coppia di giovani, cosa abbastanza rara, ed altri appuntamenti sono all’orizzonte. Scoprire la bellezza e l’importanza del matrimonio cristiano, senza confinarlo a qualche cosa di onorifico da riservare all’età adulta o senza essere impediti a farlo semplicemente perchè non si possiedono i mezzi economici necessari per “dotare” a sufficienza la famiglia della sposa (aspetto dolente che blocca un gran numero di “candidati”). “Se uno è in Cristo è una creatura nuova”, e ogni cosa che un credente compie sia realizzata nella fede, copreso il vivere da uomini e donne come famiglia. La stessa formazione tenteremo di portarla dappertutto e presso il più gran numero di persone.
Scrivo da Kisangani, dove ci siamo riuniti in Assemblea assieme ad altre comunità dehoniane e domenica è stata giornata di festa per la nostra famiglia religiosa poichè tre nostri confratelli hanno ricevuto la consacrazione sacerdotale, sono diventati preti. Le vocazioni sono molte e di ogni specie, si sceglie e si è scelti, si decide nella piena libertà e si risponde ad una chiamata in una concreta obbedienza. Questa è allo stesso tempo realizzazione di se stessi e servizio per gli altri. Un appello dal di fuori rivela qualcosa scritto da tempo e forse nascosto nel profondo del di dentro.  Bellezza della vita di fede e della fede vissuta all’interno della Chiesa.



domenica 3 febbraio 2013

Safari


Una volta all’anno le nostre comunità sono chiamate a Kisangani, capoluogo della provincia, per l’Assemblea annuale. Sono un pò più di 500 chilomentri, due giornate di viaggio. Non c’è l’asfalto, e questo provoca molti inconvenienti ma allo stesso tempo è all’origine di inaspettati incontri: “safari” significa “viaggio”, ed ecco alcune delle difficoltà e conoscenze lungo questi 500 chilometri.
Lasciamo Babonde verso le 10 del mattino, nella Land Rover i nostri bagagli essenziali ma anche molti “colis”, modesti pacchetti, mezzi sacchi di riso, un bidone d’olio di palma, due polli...: sono i piccoli “pensieri” delle famiglie per i loro studenti universitari a Kisangani, un paio di essi ne approfittano per rientrare dopo un periodo di vacanza; con loro papà Ngbane, direttore di scuola elementare, anche per lui gli stessi 500 chilometri alla ricerca del suo primo passaporto in vista di un futuro viaggio all’estero: dovrà battersi contro un’implacabile burocrazia e avrà bisogno di qualche soldino per oliare i meccanismi.   
Sui bordi del fiume Nepoko ci vorrà circa un’ora per preparare il battello alla traversata, occorre svuotare l’acqua che è all’interno poichè la tenuta stagna non è soddisfacente, nonostante la recente riparazione. I nostri confratelli della comunità d’Ibambi ci hanno preceduto e il lavoro di svuotamento è già cominciato, velocemente prende fine. La traversata è senza inconvenienti nonostante la precarietà dei mezzi a disposizione. Facciamo una piccola sosta a Wamba per prendere qualche altro pacchetto, salutiamo i preti diocesani, riuniti in assemblea e accogliamo un nuovo passeggero per NiaNia, è una insegnate della nuova scuola materna, dovrà adattarsi un pò, "insaccata" con altri, assieme ai bagagli, al caldo e alla polvere abbondante in piena stagione secca.
Verso le 18.00 siamo alla prima tappa del viaggio, assieme ad un gruppo di giovani contribuiamo per il carburante di un piccolo gruppo elettrogeno e assistiamo all’incontro di calcio della nazionale congolese, passiamo notte nella bella struttura della parrocchia di NiaNia anche se un pò tristi perchè il risultato del match è stato negativo è l’equipe è stata eliminata dalla competizione continentale.  
Alle sei del mattino riprende il viaggio per il tratto più lungo, verso Bafwasende la strada ripristinata da tre anni a questa parte si è già deteriorata, procediamo lentamente e dopo due ore e mezzo non abbiamo ancora percorso i 70 chilometri necessari; nel frattempo una prima foratura ci costringe ad una sostituzione di ruota e dopo qualche altro minuto una nuova foratura ci blocca in mezzo alla foresta a 18 chilometri da Bafwasende. Davanti a noi un camion con qualche piccolo problema, ci avviciniamo per chiedere aiuto. Un pneumatico lo carichiamo sul camion perchè sia trasportato fino a Bafwasende per la riparazione, il secondo lo gonfiamo con il compressore del camion e tentiamo di raggiungere un vicino centro abitato per l’altra riparazione. Dopo molte discussioni con i candidati riparatori alterati dall’alcool, constatiamo che mancano degli attrezzi necessari e con una moto inviamo anche il secondo pneumatico a Bafwasende; noi siamo costretti ad una lunga attesa di almeno tre ore. E’ allora che possiamo fare qualche conoscenza. 

Sono i giovani del posto, senza lavoro che sostano sulla piazza locale senza sapere bene come impiegare il proprio tempo, un vecchio oleificio già da decenni ha smesso di funzionare a causa di congiunture economiche e politiche. 
Altri sono diventati dei “sukumer” un termine misto di kiswahili e francese che significa “coloro che spingono”: utilizzano una bicicletta adattata, senza sella né pedali, che permette di entrare in foresta e di caricare delle assi di legno della lunghezza di 5 metri e del peso di 80 chili e di spingerle fino al bordo della strada dove possano infine essere caricate sui camions. Passa una bambina in cerca di acquirenti di un uccello di foresta chiamato comunemente “doppio becco”, ucciso con la fionda di cui molti sono armati mentre camminano in foresta o sono nei campi. Troviamo un ragazzo originario di Babonde, il padre è morto da tempo ed ora vive con uno zio, pastore protestante, in servizio nel vicino villaggio. 
Verso le 12 e trenta presi dalla fame avvistiamo un piccolo “restò”, che non si può tradurre con il termine “ristorante”, ma che in ogni caso ci permette molto modestamente di mangiare qualcosa. E’ facilmente individuabile poiché le sue insegne sono le pentole che espone sulla strada e che contengono il cibo già preparato. Se è di gradimento del cliente il gioco è fatto. Non abbiamo molta possibilità di scelta, non ne vediamo un secondo: nelle pentole riso e fagioli; in compenso con un solo dollaro mangiamo in due.
Sentiamo all’esterno un gruppo festante, danze e canti, percuotono dei bidoni vuoti, come tamburi e si sono dipinti il volto ed il corpo di bianco. Come tutti gli altri corriamo a vedere: l'agitazione e la gioia è all’occasione della nascita di due gemelli, la vita è stata benedetta, un solo lavoro con un doppio frutto, parenti ed amici fanno conoscere l’evento e raccolgono qualche piccola offerta per “innaffiare” l’evento. Il biblico “siate fecondi e moltiplicatevi” non ha perduto in nulla la sua forza.
Finalmente lo studente che abbiamo inviato rientra con il primo pneumatico riparato e possiamo riprendere la corsa. A Bafwasende mentre recuperiamo il secondo pneumatico i confratelli salutano vecchi compagni di classe ora al lavoro in posti di responsabilità. Saltiamo il penultimo posto di blocco che polizia stradale e funzionari delle tasse erigono qua e la lungo tutto il percorso, molte volte in modo puramente arbitrario, come espediente per guadagnare quel salario che il governo non eroga: verificano i documenti, cercano qualche infrazione allo scopo di ottenere qualche dollaro.
E’ oramai notte e mentre assaporiamo quasi l’arrivo in città... un ultimo ostacolo, un lungo camion che trasporta assi di legno ha tentato un’imprudente manovra ed ora si trava bloccato esattamente di traverso  la carreggiata. Anche stavolta la fortuna è con noi, una vettura della Caritas di Kisangani che ci precedeva ha già assoldato una ventina di giovani per sbancare il terreno su di un fianco ed in poco tempo un nuovo passaggio è aperto. Ora non ci resta che deporre i differenti passeggeri nelle loro rispettive abitazioni e goderci l’accoglienza dei nostri confratelli di Kisangani. Domenica prossima tre nostri diaconi saranno ordinati preti.