Continua a dominare la vista del nostro cortile, riparato
sotto la recente tettoia, il nuovo trattore arrivato da circa un anno. Allora il
tempo è opportuno per tentare un piccolo bilancio considerando il notevole
investimento necessario per l’acquisto ed il lungo viaggio effettuato, dapprima
in container via Mombasa (Kenya), Kampala (Uganda) e Butembo (R.D.C.), ed in
seguito per strada, sulle “nostre” strade, da Butembo, dove è stato sdoganato,
fino a Mambasa dove presso la missione dei nostri confratelli abbiamo potuto
acquistare (quasi regalato) un rimorchio, e quindi direzione Babonde per gli
ultimi 500 chilometri in “soli” cinque giorni. Non possiamo che essere contenti del trattore e degli
attrezzi arrivati insieme, una pala per livellare, un braccio per sollevare, un’erpice
per rompere il terreno, anche se l’utilizzo è stato quasi esclusivamente
indirizzato al trasporto dei materiali ed in una misura poco rilevante per l’agricoltura.
Già l’agricoltura, nel nostro contesto rurale, dove tutti hanno il campo se
vogliono mangiare e vivere, tutto è ancora lavorato alla mano, senza l’aiuto di
animali che sopravvivono difficilmente alle malattie e dove la foresta la fa da
padrona, nel senso che non sono disponibili degli appezzamenti di terreno
liberi da tronchi e radici e quindi potenzialmente coltivabili con dei mezzi meccanici
come il trattore.
Sono inesistenti pianure alluvionali o terreni disboscati e mantenuti tali per lunghi periodi. Anche nel terreno della parrocchia, che all'epoca ha ospitato per qualche decennio una piantagione di caffè e dove le grosse radici sono oramai sparite, occorre essere molto prudenti quando vi si entra con gli attrezzi agricoli poiché fino ad oggi non è ancora del tutto privo di ostacoli pericolosi. A questo si aggiunge il problema del costo proibitivo del carburante (circa due euro per litro a Babonde), che scoraggia l’investimento iniziale necessario per la preparazione del terreno.
In fin dei conti allora il 90% dell’utilizzazione del
trattore con il suo rimorchio è stato in funzione del trasporto materiali,
senza di esso avremmo avuto davvero dei grossi problemi per la costruzione della
nuova scuola superiore “Institut Sainte Marie”, il cui cantiere vedrà la fine
in questo mese di agosto: pietre di fondazione, terra per il riempimento,
sabbia, ghiaia, mattoni e blocchi di cemento, assi di legno per il tetto e i
serramenti, tutto è stato possibile grazie al trattore. E’ da ricordare che
tutti i materiali sono “auto prodotti” salvo il cemento e le lamiere per il
tetto che sono i importazione. Ogni giorno più viaggi: sui bordi del fiume per
estrarre e prendere la sabbia, alla cava per le pietre, con le presse per
fabbricare i mattoni e trasportare la legna per cuocerli “al forno”, in foresta
con la motosega per produrre le assi, alla traversata di Legu, sul fiume Nepoko
per recuperare il cemento trasbordato con delle piroghe in mancanza del ponte...
Senza di esso avremmo dovuto utilizzare la nostra povera Land Rover per tutti i
lavori e davvero non so come avrebbe potuto uscirne indenne. Organizzare il
lavoro alla mano (carriole) avrebbe causato dei costi enormi, dei sicuri
ritardi e un’apparenza di ritorno ai lavori forzati.
Fino ad oggi, grazie anche alla periodica manutenzione, non
abbiamo avuto problemi di guasti, solamente il filtro del carburante ad un
certo momento ha rifiutato di lasciar passare il liquido. Stavamo utilizzando
del carburante di provenienza da Kinsangani che è notevolmente più pesante e
meno raffinato, di quello proveniente dall’Est (Kenya e Uganda). Il “mazout” ci arriva infatti in fusti di ferro
non essendoci stazioni o pompe di servizio talvolta con della sporcizia dentro
che ne fa aumentare abusivamente il contenuto. Puliti i filtri e cambiato il
carburante la marcia ha ripreso senza ostacoli.
Probabilmente sarà la costituzione di un comitato o di una
cooperativa agricola, sarà il mettere insieme le forze che potrà darci qualche idea
ulteriore e qualche possibilità concreta per un utilizzo del trattore a scopi
agricoli, secondo la sua “vocazione specifica”. Le sementi normalmente disponibili
e l’esperienza locale si focalizzano sul riso e i fagioli; la soja ed il maïs
sono conosciuti ma non molto utilizzati, vista anche la mancanza di mulini
adatti per ridurre le granaglie in farina. E’ alla parrocchia che è in funzione
l’unico mulino in un raggio dei diverse decine di chilometri.
Ogni villaggio della parrocchia, sono più di quaranta, ha un
piccolo nucleo di persone della Commissione “Maendeleo” (Sviluppo), ossia un
comitato per delle azioni di sviluppo, vuoi per dei campi coltivati
comunitariamente, vuoi per la costruzione della chiesa/scuola/ambulatorio di
villaggio, vuoi per la sistemazione delle strade e piccoli ponti in legno. Sarà
a partire da loro che potrà prendere il via qualche piccola nuova iniziativa
agricola. La speranza non manca.