mercoledì 7 agosto 2013

IL TRATTORE UN ANNO DOPO



Continua a dominare la vista del nostro cortile, riparato sotto la recente tettoia, il nuovo trattore arrivato da circa un anno. Allora il tempo è opportuno per tentare un piccolo bilancio considerando il notevole investimento necessario per l’acquisto ed il lungo viaggio effettuato, dapprima in container via Mombasa (Kenya), Kampala (Uganda) e Butembo (R.D.C.), ed in seguito per strada, sulle “nostre” strade, da Butembo, dove è stato sdoganato, fino a Mambasa dove presso la missione dei nostri confratelli abbiamo potuto acquistare (quasi regalato) un rimorchio, e quindi direzione Babonde per gli ultimi 500 chilometri in “soli” cinque giorni. Non possiamo che essere contenti del trattore e degli attrezzi arrivati insieme, una pala per livellare, un braccio per sollevare, un’erpice per rompere il terreno, anche se l’utilizzo è stato quasi esclusivamente indirizzato al trasporto dei materiali ed in una misura poco rilevante per l’agricoltura. Già l’agricoltura, nel nostro contesto rurale, dove tutti hanno il campo se vogliono mangiare e vivere, tutto è ancora lavorato alla mano, senza l’aiuto di animali che sopravvivono difficilmente alle malattie e dove la foresta la fa da padrona, nel senso che non sono disponibili degli appezzamenti di terreno liberi da tronchi e radici e quindi potenzialmente coltivabili con dei mezzi meccanici come il trattore. 
Sono inesistenti pianure alluvionali o terreni disboscati e mantenuti tali per lunghi periodi.  Anche nel terreno della  parrocchia, che all'epoca ha ospitato per qualche decennio una piantagione di caffè e dove le grosse radici sono oramai sparite, occorre essere molto prudenti quando vi si entra con gli attrezzi agricoli poiché fino ad oggi non è ancora del tutto privo di ostacoli pericolosi. A questo si aggiunge il problema del costo proibitivo del carburante (circa due euro per litro a Babonde), che scoraggia l’investimento iniziale necessario per la preparazione del terreno.
In fin dei conti allora il 90% dell’utilizzazione del trattore con il suo rimorchio è stato in funzione del trasporto materiali, senza di esso avremmo avuto davvero dei grossi problemi per la costruzione della nuova scuola superiore “Institut Sainte Marie”, il cui cantiere vedrà la fine in questo mese di agosto: pietre di fondazione, terra per il riempimento, sabbia, ghiaia, mattoni e blocchi di cemento, assi di legno per il tetto e i serramenti, tutto è stato possibile grazie al trattore. E’ da ricordare che tutti i materiali sono “auto prodotti” salvo il cemento e le lamiere per il tetto che sono i importazione. Ogni giorno più viaggi: sui bordi del fiume per estrarre e prendere la sabbia, alla cava per le pietre, con le presse per fabbricare i mattoni e trasportare la legna per cuocerli “al forno”, in foresta con la motosega per produrre le assi, alla traversata di Legu, sul fiume Nepoko per recuperare il cemento trasbordato con delle piroghe in mancanza del ponte... Senza di esso avremmo dovuto utilizzare la nostra povera Land Rover per tutti i lavori e davvero non so come avrebbe potuto uscirne indenne. Organizzare il lavoro alla mano (carriole) avrebbe causato dei costi enormi, dei sicuri ritardi e un’apparenza di ritorno ai lavori forzati.
Fino ad oggi, grazie anche alla periodica manutenzione, non abbiamo avuto problemi di guasti, solamente il filtro del carburante ad un certo momento ha rifiutato di lasciar passare il liquido. Stavamo utilizzando del carburante di provenienza da Kinsangani che è notevolmente più pesante e meno raffinato, di quello proveniente dall’Est (Kenya e Uganda). Il  “mazout” ci arriva infatti in fusti di ferro non essendoci stazioni o pompe di servizio talvolta con della sporcizia dentro che ne fa aumentare abusivamente il contenuto. Puliti i filtri e cambiato il carburante la marcia ha ripreso senza ostacoli.
Probabilmente sarà la costituzione di un comitato o di una cooperativa agricola, sarà il mettere insieme le forze che potrà darci qualche idea ulteriore e qualche possibilità concreta per un utilizzo del trattore a scopi agricoli, secondo la sua “vocazione specifica”. Le sementi normalmente disponibili e l’esperienza locale si focalizzano sul riso e i fagioli; la soja ed il maïs sono conosciuti ma non molto utilizzati, vista anche la mancanza di mulini adatti per ridurre le granaglie in farina. E’ alla parrocchia che è in funzione l’unico mulino in un raggio dei diverse decine di chilometri.

Ogni villaggio della parrocchia, sono più di quaranta, ha un piccolo nucleo di persone della Commissione “Maendeleo” (Sviluppo), ossia un comitato per delle azioni di sviluppo, vuoi per dei campi coltivati comunitariamente, vuoi per la costruzione della chiesa/scuola/ambulatorio di villaggio, vuoi per la sistemazione delle strade e piccoli ponti in legno. Sarà a partire da loro che potrà prendere il via qualche piccola nuova iniziativa agricola. La speranza non manca.