In questi giorni (inizio giugno) sono convalescente di una
brutta malaria che mi ha steso a letto, non succedeva da oramai due anni...
quest’anno sono numerosissimi i decessi fulminei, in particolare dei bambini
che si trovano rapidamente in stato di anemia o di disidratazione e necessitano
di cure immediate che, inutile dirlo, occorre pagare prima di riceverle... in
questo settore non si fa credito. La sanità a rotoli da sempre, gli infermieri
non pagati assistono i malati con il loro sacco farmacia vendendo direttamente
medicinali e prestazioni. Esami clinici, Kit per la trasfusione di sangue e poi
la ricerca del parente compatibile, flebo reidratanti con sali minerali ed
antibiotici, quasi mai sono alla portata immediata delle famiglie. Ho riempito
il garage di biciclette prese in prestito da coloro che cercano rapidamente
30/40 dollari per far fronte all’emergenza che diventa catastrofe quando ad un
primo malato in famiglia se ne aggiunge un secondo in un breve lasso di tempo.
Il medico che mi ha curato confessa apertamente che alcuni li si lascia morire
e non si può fare altrimenti poichè loro stessi, la struttura ospedaliera, se
donasse medicinali a credito cesserebbe di funzionare nel giro di due
settimane. Per altri la terapia è ridotta. Spesso si somministrano solo
parzialmente le cure necessarie secondo la “tasca” del paziende confidando
solidamente nel buon Dio e nella rapidità di recupero del malato peraltro già
ben selezionato se arrivato all’età adulta, poichè la malaria non risparmia
nessuno. Gli operai della missione hanno diritto ad un “buono cure” per loro e la
loro famiglia, e mi aspetto una fattura salatissima per il mese appena passato
e per quello in corso. Lo stesso ministro della Sanità ha promesso una sua
prossima “venuta” per toccare con mano la gravità della situazione, ma come al
solito ci si aspetta qualche aiuto a pioggia che non risolverà la radice del
problema... e sappiamo le promese dei politici.
Il Congo rimane uguale a se stesso e le evoluzioni positive
passano con il contagocce... probabilmente anche per questo non è mai spenta la
sete di speranza, quella alla vita e quella alla salvezza cristiana, e non
perchè la predicazione è il piccolo dolce che permette di mangiare il boccone
amaro di tutti i giorni (il ben conosciuto oppio dei popoli), ma perchè meno
storditi e distratti dall’abbondanza del “materiale” si tocca con più
immediatezza la fragilità della propria condizione e del propiro limite. Chiaro
che non predichiamo solo speranza, quella per il domani e quella della vita
eterna, predichiamo anche quell’amore che si coniuga in mille forme e che
comincia dal “no” al pensare solo a se stessi, passa per tanti piccoli e gandi
gesti di solidarietà e arriva a modificare quelle strutture ingiuste che
non permettono lo sviluppo dei popoli.
Malgoverno e corruzione sono due dei nomi di queste strutture ingiuste.
Beh nel bel mezzo dell’ultima crisi di malaira ho visto la mia
morte... le prime medicine non avevano funzionato, una super dose di chinino
non aveva funzionato, eravamo già in viaggo verso Nebobongo un ospedale un pò
meglio attrezzato ad una trentina di chilometri da Babonde, ma personalmente
avevo già tirato qualche piccola somma della mia vita e salutato con affetto e
senza rammarico la gente della missione che ho amato di cuore.
A distanza di qualche giorno rifletto su quello che è avvenuto. La crisi è passata velocemente, nessun esito nefasto, solo la necessità di una lunga convalescenza. Ma in qualche modo ho potuto avvicinare il pensiero della “mia morte” come mai era accaduto prima... un pensiero un pò ingenuo forse, quello di chiamare “sorella” quell’esperienza di vita che mette fine a questa vita, senza rabbia, senza quel retro-pensiero che ti fa esclamare “sarebbe stato meglio se... invece che... ”. Un pensiero inappropriato forse poichè “mi sono sbagliato alla grande” sulla data e sul momento che non è dato a noi di conoscere... ma un pensiero tuttavia reale e vero. Francesco d’Assisi chiamava “sorella, nostra morte corporale”. Nella speranza di una vita “altra” promessa ma non vista ancora. Da parte mia sono palesemente contento di essermi sbagliato sul momento, ma sono ugualmente contento di aver potuto avvicinare seranamente quell’esperienza che in altri tempi si ripresentrà, magari sotto altra forma. Comprendo anche un pò meglio quella rassegnazione, serenità, confidenza, fiducia di molti che in questi giorni si vedono portare via i loro bambini vittime di una malattia subdola ed impietosa. Vita e morte sono un mistero e si affrontano in duello, ma non sempre è scontro armato, talvolta l’una lascia dolcemente il passo all’altra poichè è naturale che così sia.