sabato 17 maggio 2014

Caritas Congo

Dopo gli avvenimenti tristi di dispute, affronti, violenze, furti e saccheggi, degli ultimi mesi del 2013 e dei primi mesi del 2013, fino all’arrivo dei militari, dei morti e dei saccheggi sistematici di tutto un insieme di villaggi di Babonde, la calma si è instaurata, anche se una calma imposta dalla presenza massiccia dei militari e dalla fuga di numerosi giovani implicati nei disordini e nelle violenze.

La presenza dei militari calma gli spiriti ma non rassicura, in una Nazione dove ciascuno si arrangia con mezzi propri, i militari o la polizia a loro volta sono autori di soprusi, di blocchi stradali di balzelli da esigere, fino ai giudizi arbitrari o alla violenza sessuale registrata la settimana scorsa. L’arrivo delle autorità politico amministrative a Babonde in occasione dell’inaugurazione dell’Istituto Ste Marie ha fatto prendere coscienza del problema e della necessità di non prolungare ulteriormente la loro presenza sul territorio. A partire da questa settimana i militari sono rientrati alle loro basi lasciando ancora sul posto un presidio di poliziotti, normalmente un pò meglio formati dei soldati per risolvere questioni riguardanti la popolazione civile, non è infatti da sottovalutare lo spirito di rivalsa di coloro che si sono sentiti vittime o che continuano a reclamare i loro diritti o che hanno avuto il “morto in casa”.

Nel frattempo famiglie intere che avevano fuggito i disordini ed erano entrate in foresta hanno riguadagnato le loro abitazioni. Una settantina di queste abitazioni, nelle località di Nebane e Mbongo, sono state bruciate, la maggior parte delle altre abitazioni delle località di Bavamasya sono state saccheggiate e private dei pochi beni e materiali che la gente di qui possiede: riso e fagioli, comprese le sementi per la prossima stagione di semina, materassi e sedie, i bidoni per l’acqua e le pentole per la cucina, valigie ed abiti per la festa, biciclette, macchine da cucire... tutto quanto la gente in fuga non ha potuto portare con sé. 

E’ a questo punto che abbiamo pensato di lanciare un appello alle organizzazioni umanitarie e alla Caritas. I rappresentanti dell’ONU hanno preso contatti un paio di volte ma per il momento nessuna reazione contreta. Solo la Caritas Congo, attraverso la Caritas diocesana di Wamba ha potuto recuperare del materiale di prima necessità rimasto di riserva in un’altra operazione similare in un’altra zona della nostra diocesi e portare un primo soccorso che si può iscrivere quale gesto di attenzione a coloro che sono stati vittime della furia popolare e della cattiva gestione del conflitto da parte delle autorità. Un gesto di attenzione e di sostegno, che per quanto piccolo infonde un pò di conforto e di speranza: la distribuzione di coperte, vestiti, pentole, piatti, bidoni per l’acqua, sale...

 I beneficiari sono stati duecento nuclei familiari, toccati dagli incendi e dai saccheggi, anche se molti sono rimasti fuori dalla lista attendendo speranzosi una prossima azione umanitaria. Ciò che ci preme sottolineare è che le risorse finanziarie messe a disposizione da parte della Caritas per questa operazione sono venute da fondi propri, ossia dalla raccolta annuale che tutte le parrocchie della RDC organizzano per le azioni di solidarietà: il poco di molti può fare grandi cose, ed anche qui non si può semplicemente attendere che qualcosa piovi dall’alto o venga dal di fuori.  E’ un’altra buona lezione da tirare, non l’ultima,  nell’insieme delle cattive cose che abbiamo visto nei mesi passati.



 

Inaugurazione





 “Ma quand’è che facciamo la festa dell’inaugurazione dell’Institut Ste Marie”? Una domanda che mi sono sentito rivolgere più e più volte e che ho schivato, un pò perchè sono allergico alle feste di qui, un pò perchè sono preso da altri lavori ed organizzare una festa è un impegno non da poco, un pò perché mancano ancora molte cose per completarne la costruzione e poter fare una vera e propria inaugurazione “chiavi in mano”... ma bisognava solenizzare. Occorreva festeggiare gli operai che si sono “spaccati le ossa” (più o meno) durante un anno e mezzo, senza interruzioni: l’equipe che estraeva pietre di fondazione e quella che estraeva la sabbia, i muratori, i falegnami... E’ stata una bella impresa con un risultato unico per la nostra zona, nel senso che non si ricordano costruzioni simili da più di una cinquantina d’anni. Gli studenti con i loro genitori, il preside ed i professori, le autorità tradizionali e quelle politiche, le autorità scolastiche e quelle della sanità, nessuno ha voluto mancare: tutti hanno voluto marcare la loro presenza. Il vice governatore della regione, lo chef della chefferie, l’amministratore del territorio, i responsabili della polizia e dei militari, il rappresentante del ministero dell’educazione... Una Messa d’apertura e la benedizione dei locali non poteva mancare ed il vescovo Kataka Janvier è stato dei nostri, accompagnato dal responsabile delle scuole cattoliche e da un buon numero di sacerdoti della diocesi. L’inno nazionale “Débout congolais”, gli interventi ed i discorsi di circostanza, il taglio del nastro, la messa a dimora di una pianta di palma, albero simbolico dell’abbondanza, un pasto conviviale e sontuoso, danze e giochi, la consegna di una moto da parte di un uomo politico originario di qui, prezioso regalo per il disbrigo delle formalità amministrative della nuova scuola... solo l’oscurità della notte ha disperso i partecipanti ed i curiosi. Secondo l’opinione di tutti la costruzione è ben riuscita. Ugualmente a detta di tutti la festa è ben riuscita, tranne forse qualcuno che non è riuscito ad entrare a tempo per il pasto offerto.


Ora viene il più importante ed il più difficile ossia il risultato educativo e scolastico dei ragazzi e ragazze che frequentano la scuola superiore. Per il momento sono un pò più di 250, ma già il prossimo anno supereranno i trecento cinquanta, siamo arrivati solamente al terzo anno di un ciclo di sei anni per le scuole superiori; l’anno scolastico 2013/2014 ha visto l’avvio della sezione di taglio e cucito che si è aggiunta a quella pedagogica (magistrali). Le sfide sono molte: offrire delle condizioni logistiche e didattiche ottimali, nella struttura e nei materiali per poter studiare bene e perchè i professori possano insegnare bene (ci manca ancora un “atelier” sufficientemente ampio e nel futuro altre 4 aule); offrire una buona gestione economica delle risorse proprie della scuola, senza sottomettere gli studenti a lavori manuali nei loro campi privati in vista di arrotondare gli stipendi divenuti troppo magri; formare i professori in modo che la loro preparazione professionale e grado accademico siano all’altezza, sostenendoli negli studi universitari, poichè una grande piaga è la “sotto qualificazione” e l’impreparazione degli insegnanti; creare un clima positivo volto alla ricerca del sapere, della conoscenza e dell’educazione, vincendo l’appiattimento al minimo indispensabile... Le sfide appassionano, e di più quando all’intorno non si vedono molti compagni di strada, ma sappiamo che molti da lontano sono con noi e che molti da vicino ci guardano anche per apprendere ed imitare.











 




giovedì 15 maggio 2014

Confermare

Come ogni anno nelle settimane che seguono la Pasqua gli avvenimenti si susseguono a ritmo incalzante ed il 2014 non ha fatto eccezione. Viviamo nell’ordinario molti piccoli fatti quotidiani, la fede ci accompagna, ci guida o ci provoca a seconda delle situazioni, ma c’è bisogno di confermare che ciò che siamo, ciò che stiamo facendo, ciò che desideriamo e ciò che progettiamo stanno andando nella direzione che abbiamo scelta.
“Confermare” è appunto il verbo che descrive bene un’azione necessaria nello scorrere delle giornate, ma anche a livello di fede c’è bisogno di “confermare”. Confermare che viviamo all’interno di un Amore che ci avvolge ed accompagna e non come schegge effimere destinate all’oblio: apparteniamo infatti ad una famiglia, ad una comunità, ad un popolo. Confermare che siamo ricchi di potenzialità e di doni che ci sono stati offerti gratuitamente (anche dall’alto) e che non potremmo mai annullare né per orgoglio, né per negligenza. Confermare che non c’è nulla di irreparabile, imperdonabile, destinato alla sola distruzione senza rinnovamento.


Nella lingua francese il Sacramento della Cresima si chiama “Confirmation” = “Confermare”.
Nella lingua Swahili si chiama “Usabitisho” = “Rendere solido”, “dare forza”... un significato non molto lontano dal “confermare”.
In questi giorni dopo Pasqua eccoci a “confermare” nella fede cristiana più di seicento tra adolescenti, giovani ed adulti, in tre celebrazioni successive assieme ad un delegato del Vescovo, in tre villaggi della nostra vasta parrocchia – Gbunzunzu, BagBay e Nitoni - diventati il centro di raduno per tutti gli altri. Incontro, gioia, festa, canto, danza, tappa di passaggio, coscienza nuova... Con i sensi è impossibile cogliere degli effetti immediati dell’opera della Parola e dello Spirito, ma sappiamo che i frutti si vedranno, si faranno sentire, si potranno toccare e si aggiungeranno ai molti ed abbondanti frutti generati fin qui dalla stessa fede. Noi siamo già stati confermati una volta, a suo tempo. La Cresima è infatti uno di quei sacramenti che si ricevono una sola volta, che non si ripete, poichè lascia un segno incancellabile, e tuttavia il suo significato sarebbe bene riprendere di volta in volta.


Una grazia per noi accompagnare per ben tre volte, ogni anno, la “confirmation” e recuperare così vocazione ed appartenenza, scelte e promesse. Nella maggior parte delle cose che decidiamo e che facciamo, pur con lucidità e consapevolezza, abbiamo tuttavia una coscienza solo parziale di tutte le implicazioni, potenzialità e conseguenze che si manifesteranno con il tempo e con la maturità: camminando la strada si apre.


Alcuni Scout presenti ad una delle celebrazioni