giovedì 2 gennaio 2020

Ricominciamo da Gbonzunzu e dal Natale 2019



29 dicembre, festa liturgica della Santa famiglia di Betlemme, d’Egitto e di Nazareth. Quando si dice che l’uomo è “pellegrino su questa terra”, certamente è stato vero per la famiglia umana di Gesù (Betlemme, Egitto, Nazareth) ma lo è anche per il più sedentario e stabile degli umani, non fosse altro per il fatto che i suoi anni sono sempre pochi, passano in fretta e si lascia il posto ad altri. 

Mi affascina il viaggio, posso conoscere il punto di partenza e quello di arrivo ma non posso conoscere tutti i dettagli del percorso, gli incontri che si faranno, le scoperte, gli azzardi, le provocazioni, il bene da ricevere, le accellerazioni e i ritardi. In questo viaggio siamo alla fine di un anno. Guardo indietro e vedo il già accaduto. Guardo avanti ed immagino.


Gbunzunzu, la nuova missione, la nuova parrocchia, la nuova comunità hanno preso forma e si sono messe in moto. E’ come una locomotiva che faticosamente vince l’inerzia con tutto il suo bagaglio di vagoni, di persone, di esperienze, di storia, ma che una volta in movimento sembra andare da sè, senza troppo sforzo: forza della chiesa, forza della struttura e della sua organizzazione all’interno della quale si muove lo Spirito, che tuttavia non può essere contenuto in questa struttura e che sempre la sorpassa per renderla nuova. 




Era l’anno 2005 l’inizio del progetto Gbunzunzu. Era il 27 ottobre 2019 – solo un paio di mesi fa – la data dell’inaugurazione: non male i quattordici anni come tempo di riscaldamento e di preparazione. Solenne celebrazione: vescovo e confratelli sacerdoti, autorità amministrative e politiche, locali e nazionali, amici, fedeli e curiosi. 



L’essenziale era oramai pronto: la chiesa, le sale per gli incontri, la casa per la comunità, gli spazi per le future attività; le persone erano pronte: i confratelli della nostra congregazione per la nuova presenza dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù nella Repubblica Democratica del Congo, i catechisti erano pronti, negli undici villaggi che dipendono da Gbonzunzu assieme ai necessari “consigli” – pastorale, economico, pedagogico, di Caritas e di Giustizia e Pace... - per coordinare le attività ecclesiali e di evangelizzazione che vogliono essere attività condivise e d’insieme, non calate dall’alto, anche se non si può fare a meno di confidare in ciò che viene dall’alto. 

Lascio la mia prima comunità per ricominciare dalla missione di Gbonzunzu, le sfide saranno molte, la presenza di numerose sette religiose, la mentalità tutta particolare di chi vive in zona miniere, la presenza di una popolazione eterogenea proveniente dalle differenti zone geografiche adiacenti...  tra le altre sfide la lingua lingala, che non conosco affatto e che pian piano proverò a fare mia.

Qualche giorno dopo l’inaugurazione abbiamo avuto la fortuna e la gioia di ospitare la nostra “mamma Morena” che con quest’anno ha totalizzato il suo quinto viaggio a Babonde/Gbonzunzu. Infaticabile e tenace, appassionata dei bimbi e tra di essi dei più deboli, è oramai diventata una di noi, conosciuta da quasi tutti per il suo sorriso contagioso e i suoi fragorosi “ciao, ciao” per la simpatia e l’immediatezza delle relazioni che riesce ad instaurare con le persone dei nostri villaggi. E’ grazie a lei e al lavoro di animazione che compie in Italia, di sensibilizzazione e raccolta di aiuti che possiamo prestare man forte ai numerosi bimbi malnutriti che purtroppo soffrono la mancanza di cibo adeguato e di medicine a causa della povertà economica e culturale della nostra zona, e della nostra popolazione.

Il Centro nutizionale che abbiamo chiamato “Talita Kum – bambino alzati” funziona da diversi anni a Babonde ed ora abbiamo azzardato inaugurarne un secondo a Gbonzunzu, all’interno di strutture semplici ma efficaci, in attesa di poter offrire un contesto migliore per le cure necessarie che ogni bimbo merita. 

Fin dalla sua apertura anche a Gbonzunzu abbiamo avuto una quarantina di mamme alla ricerca di un sostegno indispensabile per far uscire i loro bimbi da situazioni di sofferenza che talvolta durano mesi e mesi. 

Un mese dopo l’apertura la frequanza media si attesta sulle venticinque presenze giornaliere.   

Siamo stati fortunati nel reperire senza ritardo due persone qualificate in studi infermieristici e già sperimentate nel lavoro pratico in modo da costituire l’equipe medica necessaria. Se a Babonde il centro rimane aperto per cinque giorni alla settimana qui a Gbonzunzu riusciamo per il momento a tenerlo aperto per soli tre giorni la settimana, ma anche così abbiamo già potuto curare e dimettere oramai guariti una ventina di bimbi. 
Questo centro è senz’altro una benedizione per il circondario.


Le strutture sanitarie pubbliche organizzate dallo Stato e i servizi sanitari sono infatti ridotti ai minimi termini in fatto di personale, di attrezzature, di edifici. 


Se l’infermiere responsabile è malato o viaggia, il dispensario rimane sguarnito ed i degenti restano senza consultazione e assistenza necessaria. Il laboratorio analisi è ridotto ad un microscopio e a qualche reagente. Le medicine ciascuno se le compera secondo la capacità delle proprie tasche nelle numerose farmacie adiacenti. 





Le uniche cure gratuite sono offerte per la tubercolosi molto diffusa, per qualche caso ancora presente di lebbra e per il flagello che è l’AIDS, anche se per quest’ultimo si può beneficiare di analisi e cure solamente all’ospedale di Babonde (33 chilometri) o Pawa (50 chilometri). A seconda delle disponibilità di farmaci offerti dal ministero della sanità anche la prima cura della malaria può talvolta essere gratuita. Gli edifici sono costruiti dalla popolazione, grazie all’inziativa di qualche leader locale e al partenariato con qualche organismo internazionale che sostiene le strutture sanitarie con materiale (materassi, installazione a pannelli solari per conservare i vaccini...) e con dei corsi di formazione e aggiornamento per gli operatori. 
Ricominciando da Gbonzunzu collaboreremo con questo nostro piccolo Centre de Santé.

Siamo già a Natale, siamo già alla fine dell’anno 2019 ed il dispensario con annessa maternità è giusto in faccia alla nostra Chiesa, ad una trentina di metri. Quando il 25 dicembre abbiamo ricordato la nascita di Gesù, dall’altra parte della strada potevamo quasi sentire le sottili, acute grida dei bimbi appena nati. Al presepio costruito dai ragazzi nel giorno della vigilia si è quindi associato il presepio vivente delle giovani mamme e dei loro bebè ospitate in condizioni essenziali nella sala comune della maternità.



L’anziano signore che ogni anno modella le statuine da collocare nel presepio anche quest’anno è arrivato puntuale alla vigilia del 25 con, nel suo paniere, “Maria, Giuseppe, il bimbo Gesù, l’asino, il bue ed i pastori”. Con grande sorpresa ha confezionato anche una tartaruga, una tartaruga gigante da gareggiare con l’asino ed il bue per la sua taglia! Non ho avuto la presenza di spirito di chiedergli il perchè di questa aggiunta pensando semplicemente all’espressione, fuori proporzione, di una creatività spontanea.


Poi però ho voluto interpretare personalmente questa eccentrica presenza pensando come tutte le genti sono chiamate ad accorrere per vedere e meravigliarsi della presenza del figlio di Dio fatto uomo. Tutti sono chiamati a glorificare il Padre celeste e a ricevere e costruire la Pace in terra arrivando davanti alla grotta, ciascuno con il proprio passo e la propria velocità. Ecco che anche la lenta tartaruga vi è giunta e quest’anno ha trovato un posto in prima fila. Ho pensato così al percorso di fede di ciascuno, a volte accellerato altre volte dal ritmo lento ed inconstante. Anche per me ricominciare dalla missione di Gbonzunzu significa un nuovo percorso da affrontare, che inizia ugualmente nella dimensione di fede, continuando quel viaggio antico mai terminato.
Alla Santa messa della notte e del 25, al momento della benedizione finale abbiamo chiamato davanti all’altare, vicino al presepio, le mamme con i loro bambini piccoli che portavano in braccio, quindi possiamo supporre dai zero ai quindici mesi, erano all’incirca un centinaio: se il futuro politico ed economico di questo paese è incerto, lo sviluppo demografico al contrario è molto certo. Che ne sarà del domani di questi bimbi? Se l’istruzione scolastica zoppica ed è riservata a meno della metà degli aventi diritto, abbiamo speranza e lavoriamo affinchè anche il cammino lento di questa nazione possa avanzare e siamo certi che l’annunzio del Vangelo e l’esempio di Gesù il Cristo possono irrobustire la speranza di un avvenire più equo, di uno spirtito di servizio e di dedizione più vero, di un amore più universale e solidale. Ricominciamo da Gbonzunzu.