mercoledì 19 febbraio 2014

Nuovamente nelle mani degli agitatori

Resti delle tombe scavate e della croce innalzata
dai banditi ribelli per significare che con loro altri moriranno

Sono state sufficienti poche settimane di calma, per esaurire l’effetto positivo della conferenza di pace svoltasi a Babonde. Tutto ha lasciato ben promettere, soprattutto il dialogo con i “saggi” dei villaggi in conflitto ed i responsabili della chefferie . Il ritorno degli “esiliati” nelle loro abitazioni, gli insegnanti, gli studenti, gli infermieri, i commercianti, ciascuno alle proprie rispettive occupazioni, sono stati i segni evidenti della reciproca fiducia ritrovata e del ritorno alle normali attività.
Purtroppo non è bastato per “togliere il pungiglione”. Il capo dei ribelli ha ripreso le sue abituali provocazioni, furti lungo la strada, percosse e minacce. Stavolta però la pazienza della popolazione non è stata puntuale all'appuntamento, causata anche dalla brutalità delle aggressioni dei “ribelli” rivelatisi alla fine dei semplici banditi, non più sostenuti dai saggi del villaggio e dalle rivendicazioni relative al potere tradizionale.
Case bruciate a Nebane
Nel giro di una settimana siamo arrivati allo straripamento della collera popolare nella ricerca di una giustizia sommaria ed immediata e all'impiego delle forze armate per avere infine la meglio sul capo dei banditi ed il suo gruppo. 
Personalmente ho cercato in tutti i modi di dissuadere le differenti fazioni a non affrontarsi direttamente, a non interporsi alle forze armate oramai prossime ad intervenire, a non farsi giustizia da sé, a non porre atti che possano in seguito generare conflitti ed inimicizie ulteriori. Qualcuno ha saputo ascoltare, per molti altri è stato un lavoro quasi inutile, anche se il richiamare alle coscienze cristiane che il Vangelo ci chiama ad altro, porterà in seguito qualche frutto.
Abbiamo assistito a tre giorni di violenze, di furti e ruberie generalizzate, a quattro persone uccise per essersi opposte alle forze dell’ordine, ad un largo impiego della menzogna e della diffamazione.
A distanza di una settimana il bilancio è fallimentare: il capo dei ribelli è in fuga, introvabile; lo stazionamento di tre équipes di militari, che abitualmente non sono tenere con la popolazione e che senza troppe remore possono approfittare della situazione per ricavarne dei benefici personali; il non funzionamento di numerose scuole elementari e di una scuola superiore; una sessantina di abitazioni bruciate; il saccheggio di un numero di famiglie difficile a calcolare: materassi, riso, biciclette, bestiame d’allevamento domestico e dei più diversi piccoli beni della famiglia; l’arresto di tutte le attività agricole e commerciali.
Case bruciate a Mbongo
 La paura di questi giorni, il risuonare delle armi da fuoco dei militari ha gettato la maggioranza della popolazione nello sgomento, spingendo alla foresta bambini, donne e vecchi, uomini e giovani. L’abbandono dei villaggi, il freddo di questi giorni, la mancanza di sale, di cibo e di medicine aggiungeranno alla paura altre sofferenze.
Amaramente constatiamo che sono stati gettati numerosi semi maligni che genereranno altri mali futuri se non sapremo porre in anticipo le cure necessarie.
Preparazione di sale da distribuire alle popolazioni "sfollate" in foresta