Nuovamente in viaggio da Babonde verso Kisangani in questa seconda metà di settembre e stavolta non mi aspetto grandi sorprese, infatti la strada che congiunge Wamba (a 80 chilometri da Babonde) con Niania (110 chilometri da Wamba) è stata sistemata colmando le grandi fosse che erano state create dal passaggio dei camion su fondi stradali non consolidati e spesso allagati per mancanza di canalizzazioni adeguate.
Questa bella novità ha permesso ad una compagnia di trasporto DISSA (abbreviazione per “DIeu Seul SAit” - Dio solo conosce) di fornire un servizio diretto di autobus da Wamba a Kisangani. Questo teoricamente mi permetterà di salire a Wamba e di scendere a Kisangani con un viaggio comodo di una sola giornata. Teoricamente!
Infatti a causa delle prossime elezioni e del clima politico incerto la manutenzione che le imprese cinesi assicuravano sulla strada principale dell’Ituri sono state sospese ed è lì che nuovi problemi si sono creati.

Ecco la prima sorpresa: partito da Babonde alle sei del mattino e arrivato a Wamba, apprendo che il programma dell’autobus è stato modificato.
Faccio una breve sosta e sbrigo alcune faccende necessarie all’inizio del nuovo anno scolastico per le nostre scuole e istituti secondari che sono perennemente, e finora inutilmente, alla ricerca di un riconoscimento da parte dello stato.
Ne guadagno una decina di chili di posta, dossiers e lettere per Kisangani da aggiungere al mio bagaglio prima di inforcare di nuovo la moto per raggiungere Niania, dove troverò l’occasione o la coincidenza di un altro autobus.

Sono oramai a Niania, praticamente arrivato, a qualche centinaio di metri dal centro della cittadina e stavolta a preoccuparmi è una grossa capra che staziona nel bel mezzo della strada mentre mi avvicino rapidamente. Sembra decisa a scostarsi ma il sopraggiungere di un’altra moto in senso inverso al mio la porta ad attraversarmi la strada.
Il suo movimento repentino
e disordinato
non mi lascia nessuna possibilità di evitarla
e getta a terra me, la moto e la capra stessa.
Sperimento la robustezza del fondo stradale.
non mi lascia nessuna possibilità di evitarla
e getta a terra me, la moto e la capra stessa.
Sperimento la robustezza del fondo stradale.



Niania è al P K 342: “Point Kilometrique 342”, ossia a 342 chilometri da
Kisangani, mia meta finale. Alle 14,30 salgo su un altro autobus della stessa
compagnia DISSA che per tre quarti è riempito di merci, sacchi di fagioli,
pesce salato e quant’altro. Solamente una quindicina di posti a sedere con
valige e bagagli a mano tra i piedi. Ho buona speranza di essere a Kisangani in
giornata anche se l’autobus stracarico procede così lentamente da farmi
dubitare di poter arrivare in giornata come speravo.


Il clima è fresco e non c’è minaccia di pioggia. Io
come molti alti mi arrovello sul posto a sedere, stretto dal vicino di sedile e
dai bagagli, cercando numerose posizioni per non accentuare i dolori cervicali
già presenti. Le ore della notte passano difficilmente e qualche passeggiata
all’esterno aiuta a far trascorrere il tempo fino alle cinque del mattino quando
l’accampamento di fortuna si rimette in movimento, chi alla ricerca di acqua, chi
di toilettes, chi di un the caldo o di un pasto che la sera prima non ha avuto
il coraggio di prendere.

Possiamo contare all’incirca 500 persone imbottigliate in questa foresta, nessuna presenza di un’autorità statale qualsivoglia, ciascuno diventa leader per proporre una propria soluzione tecnica capace di sormontare l’ostacolo. Nessun servizio di soccorso, acqua potabile, cure mediche per coloro che iniziano a soffrire i sintomi della malaria. Il cittadino è lasciato a se stesso. Nessuno grida contro il governo, nessuno è abituato ad attendersi qualcosa dalle autorità o dai governanti, ci si affida a Dio stesso. Qualche canto di lode, di preghiera e di intercessione si leva dall’interno degli autobus tra i passeggeri ancora mezzo addormentati.

Possiamo contare all’incirca 500 persone imbottigliate in questa foresta, nessuna presenza di un’autorità statale qualsivoglia, ciascuno diventa leader per proporre una propria soluzione tecnica capace di sormontare l’ostacolo. Nessun servizio di soccorso, acqua potabile, cure mediche per coloro che iniziano a soffrire i sintomi della malaria. Il cittadino è lasciato a se stesso. Nessuno grida contro il governo, nessuno è abituato ad attendersi qualcosa dalle autorità o dai governanti, ci si affida a Dio stesso. Qualche canto di lode, di preghiera e di intercessione si leva dall’interno degli autobus tra i passeggeri ancora mezzo addormentati.

Qualche militare che per caso fa parte dei passeggeri in viaggio, diventa arbitro e tassatore per far pagare pedaggio alle moto e alle piccole vetture che possono approfittare di una deviazione creata ad hoc.
La disgrazia per gli uni diventa lavoro per gli alti e possibilità di sfruttamento per altri ancora.

Anche a quel tempo i bambù facevano arco da destra a sinistra della strada denunciando la mancanza di manutenzione, anche a quel tempo ci eravamo impiantati nel fango e avevamo dovuto spalare e spingere il minibus per uscirne. Anche a quel tempo l’asfalto terminava subito, una volta usciti della città. A distanza di trent’anni, per quel che riguarda le infrastrutture stradali su questa nazionale, Ituri numero 4, le cose non sono affatto cambiate.

Sono oramai le nove e la lentezza dei lavori assieme alla confusione dei protagonisti delle soluzioni tecniche di fortuna scoraggiano e fanno temere che un’altra notte in foresta sia facilmente programmabile. Ci accordiamo allora con un taximen ("autista" di moto) perchè possa trasportarci in moto fino a Kisangani, la moto sembra affidabile, discutiamo sul prezzo, sui litri di benzina necessari e l’affare è fatto, l’ostacolo del grande “bourbier” è superato, carico i pochi bagagli e partiamo.

Dopo l’entusiasmo della partenza lo invito alla prudenza.

Al P K 122 troviamo un giovane ragazzo che ci supplica di prenderlo con noi poichè non sa come arrivare a Kisangani, anche lui era sul mio stesso autobus e fin dal mattino presto aveva cercato differenti occasioni di fortuna per avvicinarsi progressivamente a Kisangani. Lo prendiamo. Siamo un pò stretti in questo gioco di tre sulla stessa moto, le ginocchia mi fanno male ed ogni tanto devo stendere le gambe, segno evidente che gli anni passano, ma avanziamo velocemente.
Un’uomo ci ferma al P K 111 con ampi gesti della mano: c’è stata la morte di un familiare e vuole avvisare i parenti con una lettera da recapitare al P K 49. Volentiari ci prestiamo al servizio: se non ci si aiuta l’un l’altro in queste piccole cose... la legge della foresta è quella classica del più forte e del più destro, ma nascono anche belle solidarietà, semplici complicità.


Riprendiamo il viaggio ma ora le piccole soste
si moltiplicano: per aggiungere carburante nel serbatoio, per consegnare la
missiva che ci è stata affidata, per salutare qualche conoscente del nostro taximen e per far riposare gli arti inferiori che
cominciano ad indolenzirsi.

Mi chiedono se ho viaggiato bene.
Oggettivamente dovrei dire che non ho affatto viaggiato bene, ma al contrario sono contento di essere già qui e la risposta è piuttosto positiva.
Sì ho viaggiato bene, senza troppi ritardi, senza inconvenienti maggiori, incontrando un sacco di persone, condividendo le fatiche del viaggio, le esperienze, i brontolii e le lamentele assieme alle speranze. Siamo nelle mani di Dio ed il viaggio è sempre un’avventura compreso il viaggio della vita. Sono arrivato e tutto è andato bene. P K 0.