E’ qui per il Talita Kum, per l’amore che ha per i nostri bimbi malnutriti, per questo popolo, per la semplicità della vita quotidiana in foresta. Le molte cose che qui mancano, rispetto ad una vita europea, non pesano. Altri aspetti prendono loro il primo posto. La ripetitività del cibo lascia lo spazio alla conversazione. La fatica degli spostamenti in moto genera un sonoro e prolungato sonno. L’energia spesa negli incontri con persone e situazioni sempre nuove ed esigenti domanda la ricarica della riflessione e della preghiera.
C’è una specie di vuoto di cose, delle tante cose delle abitazioni occidentali, ma una reale e contrapposta pienezza di persone e di storie. Per la grande maggioranza sono storie di problemi e di fatiche, di sofferenze e di speranze, comunque storie vere, non fictions, che richiedono attenzione, ascolto ed una parola di incoraggiamento, un gesto concreto di aiuto. Visitiamo l’ospedale, e la scuola, gli accampamenti dei pigmei. Andiamo nei diversi villaggi ad incontrare e pregare con le vivaci comunità cristiane.
Per la gente di Babonde Morena è il segno concreto di una solidarietà reale fatta di tante mani e di tanti cuori. E’ la traduzione di quell’espressione inglese famosa “I care”, io mi interesso, io mi preoccupo, io mi prendo cura. Nel mare di indifferenza e della mancanza di tempo ecco che si può trovare il tempo per... Nella moltitudine delle piccole e a volte inutili cose da fare, al posto di rispondere ‘spallucce’ ed invece che dire ‘ne ho già abbastanza dei miei problemi’, è geniale trovare la forza di farsi carico di qualcuno, dei problemi degli altri. Era questo l’anno della Misericordia. L’anno è terminato ma siamo stati invitati a non chiudere definitivamente quella porta che ci apre la strada verso il povero. Avendo misericordia di lui faremo un grande regalo a noi stessi che pure abbiamo già beneficiato ed ancora abbiamo bisogno di uno sgurado di misericordia su di noi. Forse è questo il segreto di Morena 3. Grazie per la tua presenza qui tra noi.