Appena dopo Natale e la festa di fine/inizio Anno nuovo, che
ha carattere veramente universale in tutta la Repubblica Democratica del Congo,
la nostra piccola comunità, io, p. Jean Pierre e p. Zéphirin ha deciso di
prendere qualche giorno di “distrazione”, mettendosi in viaggio verso una delle diciannove che compongono la nostra diocesi, Maboma.
Il contrasto di
Natale, il Dio fattosi uomo, l’onnipotente fattosi bebé, l’abbiamo potuto
riscontrare altrove sotto diverse forme. Maboma è una delle tante missioni che
ha goduto di un grande splendore ai suoi inizi e che oggi rimane isolata
“Cattedrale nella foresta” con pochissimi abitanti e fedeli che non possono più
riempirla, immersa in un clima non metereologico ma umano che dice l’incertezza
sull’avvenire, la delusione, forse lo scoraggiamento. Un tempo fiorivano le
piantagioni di caffé e con i proventi di quella cultura i missionari avevano
potuto costruire un centro dinamico di evangelizzazione, di vita, di lavoro, di
istruzione, ma che oggi possiamo definire un monumento... di fede, di potenza,
di ingegno, di arte e cultura europea all’equatore.
Successivamente le
vicissitudini politiche ed economiche dell’allora Zaire hanno portato alla
chiusura del mercato del caffé, della sua produzione, delle piantagioni e dei
suoi proventi. Il declino economico, la mancanza di un lavoro retribuito, il
desiderio di studiare o di abitare in un luogo più “vivo” da parte dei giovani,
hanno creato il vuoto, non solo tra i banchi della chiesa, ma nel villaggio e
forse un pò negli spiriti. I missionari sono partiti.
Se il buon Dio dovesse scendere ancora una volta e magari proprio a Maboma, non sono sicuro che scieglierebbe di nascere all’interno della cattedrale dove comunque il presepio è ben preparato, probabilmente guarderebbe a destra verso l’accampamento. Non che il buon Dio possa rifiutare la sua Chiesa, ma certamente la provocherebbe in continuazione a guardarsi attorno e a far tesoro dei contrasti per gettarvi la sua luce. La vicinanza dell’accampamento non è infatti casuale, la vicinanza di Cattedrale e capanne non è casuale, è il frutto dell’azione pastorale a favore dei pigmei, per introdurli alla scuola e alle cure mediche appropriate che la medicina tradizionale non riesce a vincere.
Ma il
contrasto rimane, di un mondo a due o più velocità, di un’umanità dalle
differenti culture (impensabile proporre una casa come noi vorremmo per il
popolo seminomade dei pigmei), di un’economia che investe tantissimo e talvolta
in modo scandaloso in alcuni settori e lascia completamente in sofferenza gli
altri.
La strada che ci ha portati a Maboma è stato un piccolo
calvario cosparso di erosioni e di buche che per fortuna non ha provocato
cadute. Una strada lasciata a se stessa sulla quale la foresta lentamente sta
riprendendo il suo diritto. Una strada che conduce a Mungbere dove un tempo
arrivava il treno permettendo il
commercio del caffé e del cotone, ma che da decenni oramai non funziona più. In
tempo di pioggia pochi chilometri di percorso domandano ore ed ore di fatiche.
Per contro il viale che introduce alla missione continua a risplendere, segno
di una comunità viva che seppure ridotta, e malmenata da molteplici difficoltà,
non ultime la vicinanza di alcuni gruppi di bracconieri/briganti/ribelli, continua
a vivere, crescere, sperare, animata da due giovani preti locali, Fidel ed
Eugene. In un contesto dove tutto sembra regredire, il contrasto di uomini e
donne che si impegnano non solo per sopravvivere ma per costruire il domani, e
se le strutture rimangono le stesse, invecchiano o si degradano, permane la
grande sfida posta sull’educazione e sulla evangelizzazione: chi saranno gli
uomini di domani? Con quale cuore e con quale visione potranno prendere il mano
il loro destino e quello delle persone a loro affidate, poichè ciascuno è immancabilmente
responsabile anche degli altri, quegli altri che gli sono affidati, come il
bebé Gesù affidato a chi poteva e doveva prendersi cura di lui.