Ancora la guerra? Crediamo di no anche se le notizie sono allarmanti, in
provenienza come sempre dall’est della Repubblica democratica del Congo, dalla
provincia del Nord Kivu, confinante con la nostra e confinante con il Rwanda. Oramai
anche a livello internazionale passano le informazioni della RDC e l’informazione
dell’occupazione della città di Goma da parte delle truppe ribelli dell’M23. Il
Movimento nato il 23 maggio scorso in effetti non è che l’ultimo atto – per il
momento - di una dolorosa tragedia che dura oramai da più di un decennio e che manifesta
una volta di più di quale cancrena soffre il paese. Profughi, povertà e fame,
stupri e omicidi, insicurezza e ruberie diventano il pane quotidiano e il
prezzo che la popolazione paga agli insaziabili appetiti dei paesi vicini
all’Est della Repubblica democratica del Congo e agli appetiti dei politici e
“potenti” locali. A chi le ricchezze della R.d.C.? Questa situazione di
conflitto e di insicurezza permanente su di una vasta regione rende libero il
passaggio a sfruttamenti “in nero” (perdonate l’espressione) delle risorse
minerarie e forestiere congolesi. Noi personalmente nella missione di Babonde
come nelle altre missioni della provincia Congolese non siamo toccati
direttamente da questa ribellione/guerra, che tuttavia genera innumerevoli
problemi in tutta la regione e che
lascia tutti nell’incertezza circa gli sviluppi futuri. Da deplorare
l’incapacità della missione ONU (la più importante, la più numerosa di
personale e la più costosa nella storia delle Nazioni unite) che non può
garantire l’incolumità della popolazione civile.
Da deplorare il silenzio delle
autorità nazionali prive di un esercito degno di tal nome e ostaggio di giochi
politici ed economici che penalizzano in continuazione la nazione intera. A
quando il riscatto? La Repubblica democratica del Congo continua a vivere
grazie alle permanenti “flebo” somministrate dagli aiuti, dalle sovvenzioni e
dai prestiti internazionali poichè le ingenti risorse locali si perdono e
spariscono puntualmente ed infallibilmente.
L’inconsapevolezza di una larga parte della popolazione priva di
istruzione e di informazioni, la mancanza di una leadership votata al bene del
paese, la mancanza di strumenti di pressione sui potenti, la vastità del
territorio e le difficoltà di comunicazione (fisica, delle merci e delle
informazioni) non lasciano intravedere un futuro immediato che possa essere
migliore. Dopo la presa di Goma gli studenti universitari di Kisangani lasciando
corso alla loro impotente rabbia hanno saccheggiato le sedi del partito al
potere e le abitazioni dei responsabili politici guadagnando qualche morto tra
le loro fila. La strada della protesta è necessaria; la protesta violenta fa
notizia e molto più rumore di quella pacifica ma non sappiamo quali frutti
duraturi e fecondi potrà portare.Continuare nel lavoro di educazione, di istruzione,
di formazione delle menti, delle coscienze e degli spiriti è al momento il solo
terreno fecondo che ci permette di sperare e di continuare ad essere fiduciosi.