Anche qui la festa della donna. Nella repubblica democratica del Congo la festa dell’8 marzo si trasforma nel mese della donna, ma a Babonde si riduce ad un defilé alla chefferie, il luogo di residenza dell’autorità tradizionale e dell’autorità statale. Non molti discorsi, non molte ambizioni, non molti progetti, anche se le rivendicazioni e le necessarie “nuove prese di coscienza” potrebbero essere numerose. Ruolo di subordinazione, nessun diritto all’eredità del marito, nessun diritto sui figli nati, violenze sessuali catalogate come offese leggere... Per il momento c’è la gioia di poter dire “anche noi esistiamo”, “anche noi abbiamo dei diritti”, “anche noi abbiamo una giornata dedicata”. Un ‘pagne’, un tessuto nuovo con il quale confezionare un nuovo abito, solitamente è sufficiente per mettre in pace la coscienza del marito e dei governanti. La percentuale delle ragazze che frequentano la scuola è nettamente inferiore a quella dei ragazzi, le diplomate delle scuole superiori non raggiungono il 30% del totale. La ripartizione tradizionale dei compiti e dei lavori è rigidamente strutturata, le maternità a catena sono una costante fin dalla più giovane età. Quando si parla con una donna normalmente gli si chiede innanzitutto: “nani ni bwana yangu” ossia ‘chi è il tuo marito’, ma ‘bwana’ significa anche ‘signore’; oppure se è senza marito gli si chiede “unaishi mikononi ya nani” ossia ‘vivi nelle mani di chi/abiti in quale casa/chi è colui che ti protegge’. Una donna sola, al villaggio, nella cultura tradizionale è senza statuto preciso, essa lo riceve dall’uomo e dalla famiglia con il/la quale vive. Alla morte del marito molte donne ritornano al loro villaggio natale ‘tra le mani del padre’ o della famiglia del padre; nella famiglia del loro marito sono sempre state considerate come delle straniere (e le consuetudini sul matrimonio non fanno che rafforzare queste realtà), inoltre nella case del padre possono essere ancora molto ‘utili’. Anche al livello della nostra chiesa, tra gli oltre 120 catechisti, nei differenti villaggi, vi figurano appena 4 donne, e una sola è la ‘titolare’, la responsabile principale. Se dopo la messa ci si siede per mangiare qualcosa assieme ai catechisti del posto, le mogli che hanno lavorato alla cucina si siedono su di un basso sgabello a fianco, pronte ad ogni evenienza e necessità ma non partecipano alla stessa tavola.
L’8 marzo, una buona festa, e un nuovo vestito per coprire molte ‘piaghe’ con le quali si è abituati a convivere e perciò non fanno poi così male se le coscienze non sono educate. Dio creò l’uomo, maschio e femina li creò. Un buon Vangelo, una buona notizia, certamente necessaria.