Sono rientrato nel tardo pomeriggio da Gbonzunzu dove
oramai vado quasi ogni settimana per più giorni, infatti nel corso dell’anno
apriremo lì la nuova missione e comunità, e con tutta probabilità lascerò
Babonde per Gbonzunzu.
Lasciare Babonde un pò mi dispiace, per i lungi e bellissimi anni passati dal mio arrivo in Congo (RDC) nel 2006, dall’altra sono
contento di poter iniziare una nuova missione, tra l’altro vicino a Babonde
(una trentina di chilometri) per cui molti dei progetti in corso potrò in
qualche modo continuare a seguirli: i bimbi malnutriti, l’alfabetizzazione dei pigmei, il
sostegno scolastico per coloro che sono in difficoltà, qualche piccolo progetto
agricolo, l’atelier di taglio e cucito per le ragazze madri e le studenti, e
l’atelier di falegnameria che stiamo completando in questi giorni,
La nuova missione/parrocchia sarà dedicata al Sacro Cuore
di Gesù. I nostri primi missionari che hanno evangelizzato da pionieri questi
immensi territori equatoriali a partire da Kisangani fino a Beni-Butembo e
Wamba, fondando numerosissime missioni e parrocchie, non avevano ancora dedicato
una missione al Sacro Cuore di Gesù, ma il momento è venuto, ed in questi
giorni stiamo attendendo solamente la decisione del nostro Vescovo di modo che
possa fissarne la data di apertura.
La Chiesa è stata costruita da oramai diversi anni,
grazie all’aiuto dei benefattori e ad una tenace contribuzione dei fedeli che
instancabilmente si sono rimboccati le maniche per estrarre sabbia e pietre da
fondazione, per fabbricare mattoni e per aiutare i muratori.
Ora anche la casa che ospiterà i missionari è pronta e le
molte piccole cose che mancano potranno essere completate quando i confratelli
saranno già presenti sul posto.
Gbonzunzu è situata a qualche grado Nord sulla linea
dell’equatore, posta in cima ad una collina di circa 800 m sul livello del
mare, sarà una missione in “zona miniere”, nel senso che in quel territorio
sono numerosi i cantieri di estrazione artigianale dell’oro. L’oro è
generalmente presente e nascosto in piccolissime, lucenti pagliuzze, in mezzo
al terreno e nella sabbia che viene estratta e setacciata.
Oppure è come
incastonato nelle roccie che devono esser frantumate e ridotte in polvere
grazie all’aiuto di barre di ferro, mortai e martelli. Le piccole pagliuzze
faticosamente messe insieme vengono vendute a fine giornata per un ricavo
estremamente variabile.
Il guadagno è talvolta irrisorio a fronte di un duro
lavoro di pala e piccone, immersi nel fango o in tunnel scavati senza alcuna
attenzione alla sicurezza di chi si intrufola dentro. Altre volte l’oro si
trova in forma di pepite ed è allora che la fortuna arride ai cercatori.
Curiosamente la psicologia che abita le menti dei cercatori d’oro è del tutto
particolare.
Difficile vedere quacuno di questi cercatori che si sia arricchito
con l’oro, se non temporaneamente, per consumare o perdre il tutto in grande fretta e
ricominciare da zero. Il pensiero dominante è: “Se sono stato fortunato oggi lo
sarò anche domani o dopo domani, non è poi così importante costruire una casa o
iniziare delle attività meno rischiose, prevedere la vecchiaia, assicurasi
delle attività e rendite stabili per la scuola dei figli o per le cure
mediche...”. La ricchezza trovata facilmente è altrettanto facilmente
sperperata. Promisquità, lavoro minorile, ricerca di feticci per assicurarsi
raccolte straordinarie, nomadismo da una miniera all’altra, disinteresse per la
scuola dei propri figli, sono solo alcune delle caratteristiche dell’uomo che
ha a che fare con l’oro, insieme a tanta generosità come è generosa la dea fortuna che si dice essere bendata.
Anche dal punto di vista religioso la spiritualità del cercatore d’oro ha degli elementi certamente originali. Per garantirsi fortuna alcuni stregoni assicurano riti particolari dagli effetti indubitabili: unzioni d’olio, erbe, foglie e radici, fuochi e parole magiche. In realtà approfittano della credulità dei molti per arricchirsi facilmente lasciando i malcapitati e le loro famiglie sul lastrico, se non addirittura sull’orlo di crisi isteriche che rasentano talvolta la follia.
Anche le chiese pentecostali o quelle dette “del risveglio” fanno spesso leva sul bisogno che i cercatori hanno di avere fortuna, dello scavare nel posto giusto, del trovare la vena aurifera propizia ed abbondante. E così queste chiese si fanno concorrenza l’una con l’altra, vantando una unica ed ineguagliabile efficacia, maggiore a qualsiasi altra chiesa.
Al nomadismo da una miniera all’altra si aggiunge allora il nomadismo religioso, per non parlare del nomadismo dei partner, sia nel settore del lavoro che in quello affettivo.
Sarà interessante inserirsi in un contesto sociale, morale e religioso che amalgama persone semplici immerse nelle pacifiche attività agricole, con i più astuti e navigati cercatori d’oro, sempre in fermento, sempre in movimento.
La missione e le sue attività sono per una buona parte tutte da inventare, la comunità religiosa da costruire.
I programmi pastorali e la formazione dei responsabili delle comunità cristiane avranno bisogno di una buona messa a punto e di un nuovo slancio evangelizzatore. La grazia dello Spirito del Signore risorto sapranno fare luce e donare la forza necessaria, qualcuno in qualche importante documento ha scritto che la missione è solamente agli inizi e c’è da credergli.