Erano oramai tre anni che non percorrevamo più la strada che da Babonde, passando per Wamba, ci porta fino a Kisangani, capoluogo della Provincia Orientale e sede di molte delle nostre comunità ed attività. Nel 2009 eravamo riusciti a passare con la nuova Land Rover in direzione inversa, ma poi il percorso era divenuto impossibile e l’unico mezzo era rimasto l’aereo o l’odissea di un viaggio infinito in moto. Ora finalmente dopo più di un anno di lavori la strada è stata riparata e in due giorni soltanto siamo riusciti a percorrere i 550 chilometri che ci separano. Una strada che sia viabile è un’enorme apertura, fonte di novità importanti: è la possibilità di collegamenti sicuri, di sviluppo economico, di riduzione dei prezzi dei prodotti che vengono dall’esterno, possibilità di esportare i prodotti locali, faciltà di comunicazione
e di passaggio di informazioni, uscita dall’isolamento, che genera ignoranza e rende possibile ed impunito il sopruso da parte dei “forti”. Le famiglie possono visitarsi, gli scambi economici fiorire, la comunicazione del sapere intensificarsi, grazie al movimento degli studenti, le collaborazioni tra le univarsità, lo scambio di esperti nei vari domini.
Come risaputo, in Congo le cose non sono mai semplici, così che l’apertura della strada che permette ora ai grossi camion di passare con i loro enormi carichi, talvolta eccessivi, ha come conseguenza il pericolo di mettenre a repentaglio la sicurezza dei ponti progettati e costruiti per pesi limitati.
In questi ultimi tempi sulla nostra strada già due ponti hanno dovuto essere rifatti dopo essere stati “abbattuti” dall’imperizia e dalla trasgressione dei limiti. Le guardie ed i militari preposti alla vigilanza, senza salario sufficiente e sicuro proveniente dallo stato, sono facilmente corrompibili.
Noi stessi ne abbiamo fatto le spese dovendo attendere più di sette ore sotto il sole, la riparazione in corso del ponte sul fiume Lindi. Un buon esercizio di pazienza, un’occasione di dialogo con la popolazione locale, assaggiando i cibi preparati sul posto – il pesce non poteva mancare – e l’apprendimento di qualche nozione su come sono stati costruiti quei ponti in epoca coloniale e che ancora continuano a servire migliaia e migliaia di persone.