martedì 28 aprile 2015

Matrimonio del secolo


A Babonde il matrimonio del secolo ha avuto luogo! Dottor Sami e Mlle Juditte hanno detto il loro Si definitivo. Per il contesto, l’ambiente e le abitudini di Babonde tutto è stato eccezzionale, fuori norma, superlativo. Mobilizzazione generale della popolazione, delle autorità civili, sanitaire e religiose. Neanche il maltempo ha potuto qualcosa e la pioggia abbondante non è riuscita a spegnere l’entusiasmo i canti e le danze di festa. 

La fidanzata è ancora universitaria a Kisangani, ed è arrivata giusto il tempo della solenne celebrazione. Il matrimonio di due fidanzati è già un fatto raro dove le abitudini sono invece delle convivenze prolungate che non sfociano quasi mai in un vero e proprio matrimonio, né religioso, né civile, né tradizionale (ossia l’accodo armonioso e pattuito tra le due famiglie). Eccezzionale quindi poter vedere il fidanzamento un “piccolo” mese avanti le nozze, prima di rendere ufficiale il porprio reciproco sì, e sancire così il “patto matrimoniale” prima della coabitazione. Tutte le tappe successive del matrimonio sono state rispettate con estrema precisione e puntualità. L’incontro delle famiglie e lo scambio dei doni (la dote), senza recriminazioni o aggiuta di tempi supplementari indebiti. Il passaggio previo presso l’autorità civile, negli uffici della Chefferie davanti a colui che potrebbe essere chiamato più o meno il Sindaco. Preghiera e scambio del mutuo consenso alla vita insieme, all’aiuto reciproco, all’amore nella fedeltà, nella benedizione del Signore, presso la missione protestante. Matrimonio “ecumenico” poichè il marito appartiene alla chiesa protestante e la ragazza è cristiana cattolica. Banchetto per tutti alla nostra missione e danze fino a notte inoltrata. Il va e vieni di persone, conoscenti e parenti è continuato per più di tre giorni, prima che il movimento si calmasse definitivamente. Certamente due famiglie cui i mezzi economici non sono mancati e che le relazioni  influenti in diversi settori hanno contribuito alla buona riuscita delle manifestazioni.   

Ma la sostanza del matrimonio risiede comunque altrove anche se spesso nei nostri villaggi - come altrove - si confonde la manifestazione esteriore della festa con la gioia interiore di un passo decisivo compiuto nell’amore e nella fede. Impegnare il futuro, come nel matrimonio, coinvolgersi in modo totalizzante è necessariamente un atto di fede complesso,  in se stessi, nel partner e nell’insieme delle situazioni di vita che si affronteranno progressivamente, fiducia nel fatto che tutto potrà andar bene e continuare nella stessa direzione anche se tutto non andrà affatto bene. Davvero c’è necessità della benedizione e dell’assistenza di Dio. Se a dottor Sami e Mlle Brigitte non sono mancati i mezzi, neppure la fede ha fatto difetto, per quel che un occhio esterno ai cuori può percepire. Un breve fidanzamento prima del matrimonio e  poi di nuovo in viaggio: lei per Kisangani dopo appena dieci giorni, lui tra meno di un mese diretto a Kinshasa, la capitale, per ottenere il visto di uscita dal paese per una specializzazione in Senegal, mentre la moglie tarderà un pò a raggiungerlo per completare prima e in fretta gli studi base di medicina, compreso lo stage necessario. Un azzardo? Gli eventi ed il calendario degli impegni irrinunciabili che si impongono? La fiducia reciproca nonostante la distanza? “Non separi l’uomo ciò che Dio ha unito”. A noi resta un bellissimo ricordo, assieme ad un bell’esempio... e un nuovo medico, dottor Laurent. Con lui condivideremo la piccola ma quotidiana battaglia per migliorare le possibilità di cura all’ospedale di Babonde. 

Séraphin



Siamo aumentati di numero dal mese di febbraio, un nostro nuovo confratello ci ha raggiunto. A tutt’oggi la nostra comunità conta quatto membra, io il più anziano, p. Zéphirin al suo terzo anno a Babonde, fr. Fréderic che, terminato l’anno di stage riprenderà gli studi di teologia il prossimo ottobre, e il nuovo sacerdote p. Séraphin, ordinato a Kisangani all’inizio del mese di gennaio. Ha una buona stazza e non sembra affatto un prete novello, ci darà una grossa mano per la pastorale nella nostra vasta missione e soprattutto nel prendere la responsabilità dell’Istituto Ste Marie , la nostra scuola superiore che di anno in anno aumenta nel numero di allievi e di classi.
Questo ci preoccupa un pò in quanto occorre riaprire il cantiere e pensare a qualche nuova costruzione per permettere a tutti di entrare in un’aula e sedersi su dei banchi convenienti.

“Da dove vieni?”, “dove sei nato?” é la domanda che spesso si sentono rivolgere i nuovi arrivati a Babonde, preti congolesi compresi. 

E’ quello che succede a p. Séraphin in questi giorni, quando per la prima volta incontra le persone ed i catechisti di qualche villaggio della nostra missione. Queste domande manifestano una legittima curiosità ma anche necessità di collocare lo “straniero” tra le persone amiche, tra coloro di cui ci si può fidare, o al contrario, tra le persone di cui occorre fare attenzione se non da trattare con una certa diffidenza. Collocazione in base alla provenienza. Talvolta è sufficiente parlare lo stesso dialetto per potersi chiamare fratelli e simpatizzare, e darsi spontaneamente una mano con grande generosità e apertura, o al contrario sentirsi spinti ad un certo distacco se non addirittura disprezzo, se si appartiene a qualche tribù nei confronti della quale “non scorre buon sangue” a causa di antecedenti spiacevoli o di pregiudizi ancestrali.

Per noi preti e missionari, europei o africani, il fatto di appartenere alla stessa famiglia religiosa, il fatto di essere inviati in territori dove non si parla la medesima lingua appresa in famiglia, il fatto di essere spinti in luoghi lontani non da interessi particolari ma dal dovere dell’annuncio del Vangelo, il fatto di appartenere alla stessa fede cristiana è senz’altro una leva importante per superare quelle barriere culturali, umane, spesso irrazionali, che separano ed oppongono gli uomini fino a farli divenire classisti e discriminanti, se non razzisti. 
E questo è vero non soltanto per quel che riguarda il rapporto tra bianchi e neri, ma è vero per tutti i rapporti senza distinzione, in quanto come una sorta di istinto innato fa sì che - appunto senza razionalità e senza motivo - ci si opponga e ci si schieri in base ad appartenenze che non hanno motivo di esistere. Durante gli studi di teologia a Bologna talvolta ci si trovava a riflettere in base all’appartenenza regionale, la provenienza dal Nord o dal Sud dell’Italia, dalla Lombardia o dal Veneto, da Roma o da Milano.
Da dove tutta questa facilità a separare, dividere ed opporre? Qui a Babonde dove gli studi di psicologia sono scarsi si può sentenziare con una certa sicurezza ed affermare che tutto ciò è “Matunda ya Shetani”, è “Frutto del Maligno”. Già, può essere deviante addossare tutte le colpe al Maligno, ma non si può negare che c’è come un tarlo che rode dentro e consuma il bene, l’armonia e l’innocenza che sono di Dio.

Tanti auguri p. Sérephin e buon lavoro, ricco di frutti, qui a Babonde. Indipendentemente dal luogo della tua nascita e dalla tribù di appartenenza sarai ben accolto ovunque a Babonde.




Ospiti speciali



Non è di tutti i giorni poter accogliere nella sperduta Babonde degli ospiti occidentali provenienti dall’Italia. L’ultima volta é stata esattamente tre anni fa, tre amici di Bologna, tra i quali un confratello, e quella bella esperienza si è ripetuta quest’anno grazie alla visita del nostro confratello padre Marfi Pavanello e della signora Morena Marconi: mpe Marfi e maman Morena, tutti hanno cominciato subito a chiamarli così. 
E' stata una visita veloce, giusto il tempo di vivere dei momenti importanti per la fede e per la vita civile, il Natale e il passaggio al nuovo anno, dieci giorni carichi ed intensi.
Non si rischia certamente l’isolamento a Babonde, i curiosi, i bimbi, i cristiani, gli interessati, i vicini ed i lontani accorrono ad accogliere e ad incontare i nuovi venuti, a sentire buone nuove e a raccontare pene e fatiche assieme a speranze e progetti. E’ un turbinio di volti e di voci, di strette di mano e di carezze, soprattutto dei bimbi che vogliono verificare se la stranezza della pelle bianca non sia dovuta a una polvere speciale che lavandola si può togliere.







 Abbiamo visitato i dintorni di Babonde, a partire dalla notte santa di Natale, nel piccolo villaggio di BagBay, mentre una luce fioca accompagnata da una fede ardente hanno rischiarato la notte come a Betlemme, ed i canti forti, gioiosi ed intensi hanno risvegliato il torpore della vita tranquilla dei contadini affaticati dal sole della giornata. Yambenda, Gbunzunzu, Bavamabutu, Bafwabaka, Ibambi, sono state alcune altre tappe del nostro “pellegrinaggio”.
Impossibile raccontare le emozioni e tutti i pensieri.



 La voce sicura di Morena si rompeva spesso al momento dei saluti, segno di gioia interiore e di stupore, circondati dall’affetto immediato delle persone semplici e nella confusione dei mille pensieri  che nascono improvvisi mettendo a confronto mondi contemporanei ma lontani secoli se messi a paragone nelle condizioni di vita, nelle opportunità, nelle prospettive che il futuro riserva. Siamo uomini e donne dello stesso secolo, capaci di intendersi da subito con uno sguardo e d’intuito, ma che le realtà della vita, situate in continenti differenti, sembra separare radicalmente.
 E’ stata l’occasione bella di toccare con mano un mondo conosciuto spesso solo per immagini e reportage o secondo racconti e cliché. E’ stata l’occasione di confermare una volta di più il grande bene che può fare la solidarietà e il dono: salvare la vita ad un bimbo malato o malnutrito, rendere potabile dell’acqua malsana e portatrice di innumerevoli malattie, garantire il diritto all’istruzione e alla scuola a chi, come il popolo pigmeo, non sa minimamente che è detentore anche di diritti, mentre fin qui ha appreso unicamente i doveri da ottemperare. 

Diritto alla vita, diritto allo studio, diritto alla salute, diritto ad un giudizio giusto, diritto all’informazione imparziale... immersi nella natura, salvati dall’inquinamento e dalla vita frenetica delle città, manchiamo di molte altre cose pure essenziali per una dignitosa vita umana.

Padre Marfi si è divertito con gli scouts, facendo dono della propria esperienza e formazione, raccogliendo entusiasmo e attenzione. Morena si è riempita gli occhi ed il cuore di tanti bimbi soprattutto i malnutriti del Centro nutrizionale Talita Kum, curati anche grazie al suo aiuto assieme a tante, tante persone di buona volontà e di buon cuore.

Insieme abbiamo incassato gli scossoni di viaggi brevi ma faticosi su strade difficili e polverose riempiendo però la valigia dei ricordi e delle esperienze: l’accampamento dei pigmei con le loro lunghe pipe e archi precisissimi; il rokò dove si fabbrica l’olio di palma e la balada dove si distilla la bevanda alcolica; la carriere dove penibilmente si setaccia la sabbia alla ricerca di qualche pagliuzza d’oro; la briquetterie dove si fabricano i mattoni con presse manuali; la stanza di dada Anualite, la martire congolese originaria di questa diocesi di Wamba; i fiumi Nepoko e Maika, ricchi di pesce ma privi di ponti per poterli attraversare facilmente; 
le scuole e le chiese di villaggio in costruzione; 
l’ospedale, le famiglie e i bimbi, tanti, tanti bimbi...
Grazie padre Marfi, grazie Morena della vostra visita a Babonde, grazie della vostra presenza che sappiamo non è solo di puro passaggio, poichè ci si conosce da tempo e la relazione non fa che approfondirsi, relazione di conoscenza, di amicizia, di aiuto e di fede. Il Signore benedica.


Al vostro ritorno qualcuno forse avrà giudicato con scetticismo il viaggio a Babonde. In questi giorni mi sono imbattutto in questa citazione (sempre che non sia una falsa citazione, come se ne trovano molte in internet) di A. Einstein che può aiutare e dare qualche suggestione: “Follia é fare la stessa cosa ed aspettare risultati diversi”. E’ il mio augurio per coloro che temono di imbarcarsi in un viaggio differente che porta ad una delle periferie di questo nostro mondo, ed aiuta a considerare differentemente le cose, i beni, le azioni. 










mercoledì 22 aprile 2015

Incontri unici

Ciao. Poiché il tempo si fa sempre più tiranno, ed in modo del tutto particolare nei mesi di inizio 2015, sarà bene cercare di pubblicare qualche foto e qualche breve commento di questi ultimi tempi, giusto per testimoniare che siamo vivi ed in movimento nonostante il “silenzio informatico”. 
Molti sono stati gli avvenimenti curiosi o belli, o speciali che si sono succeduti. Voglio cominciare con il brevissimo incontro avuto a Kinshasa durante il viaggio di ritorno a Babonde. E’ vero che i cinesi sono dappertutto, anche in Africa, soprattutto per lo sfruttamento delle miniere o per i cantieri stradali, ma trovare una cinese in una nostra comunità, e che parla benissimo l’italiano, è stata una vera sorpresa. Quel che è più sorprendente è che questa donna cinese è cristiana cattolica. Originaria di un piccolissimo villaggio cinese, che ha ricevuto l’annuncio del Vangelo ancora qualche secolo fa, quando i primi missionari vi sono giunti, e che nonostante le persecuzioni ha conservato la fede. Il novanta per cento degli abitanti del suo piccolo villaggio sono cristiani, il fratello era sacerdote, e ammalatosi era stato trasportato in Italia per le cure mediche, lei lo aveva accompagnato, ma alla fine la malattia aveva avuto il sopravvento. Lei a Roma era stata aiutata ed aveva avuto l’opportunità di studiare  la catechesi ed ora l’occasione di un viaggio in missione, prima di fare rientro in Cina.
E’ stato un incontro durato appena trenta minuti, ed il tempo di una foto, ma del tutto speciale per me e per i nostri ospiti, compagni di viaggio, padre Marfi Pavanello e Morena Marconi, che con coraggio sono saliti in aereo a Venezia, destinazione Babonde. La missione non ha confini ed anche nell’immensa nazione cinese i buoni semi sono stati piantati ed accolti da tempo, in attesa di poter dare frutti abbondanti. Ci siamo lasciati con un “arrivederci” stentato, poiché sarà veramente nelle mani di Dio la possibilità di ritrovarci, ma conserverò il ricordo di questa breve storia come testimonianza della forza del Vangelo, capace di entrare e radicarsi nel cuore delle persone.