giovedì 20 settembre 2012

Blaise e la fede



Blaise era un giovane di non ancora trent’anni, con moglie e figli ed una bella professione, riparatore di moto, un vero “mago” del settore, i meno esperti dovevano ricorrere a lui per risolvere i problemi più difficili. Un lavoro che gli permetteva di guadagnare il necessario per sé e la famiglia. Poi inspiegabilmente, dal giorno alla notte, la follia lo ha preso, parole e gesti senza logica apparente. Si intuiva nel suo straparlare che aveva qualcosa da comunicare ma non riusciva ad esprimerlo, si era rifugiato alla missione nel primo giorno della sua follia, ma è mancato il tempo per ascoltarlo e tentare di comprenderlo. La famiglia lo ha immediatamente preso con sé a forza e trasportato altrove ad una ventina di chilometri dal nostro villaggio, presso un famoso mfumu, un guaritore/stregone. Una sola settimana dopo ne hanno riportato a casa il cadavere.


Blaise non voleva andare dal mfumu, gridava che non era né pazzo né malato e che lì avrebbero ucciso la sua fede e lui stesso. Così è stato, legato e picchiato al fine di ‘domarlo’ e ‘guarirlo’, costretto ad assumere polveri ed infusi ‘miracolosi’, non sappiamo per quali cause precise, ma dopo soli sette giorni è morto. E’ stato grande lo sconcerto ed il dolore a Babonde, perchè è morto un giovane, un marito, un padre, un grande meccanico... ed anche nella comunità cristiana lo abbiamo pianto, per tutte queste ragioni e perchè il modo con cui è morto è stata una sconfitta per la fede. Piangiamo l’amico Blaise e constatiamo con amarezza che sono numerosissimi i casi in cui le famiglie continuano ad affidare i loro malati non agli ospedali, non ai medici, non alla preghiera della comunità cristiana, non all’intercessione del Signore, ma confidano nei guaritori/stregoni, che mescolano una piccola percentuale di conoscenze sulle proprietà curative di alcune erbe e piante ed allo stesso tempo introducono una grandissima percentuale di credulità popolare su alcune presunte personali capacità magiche e terapeutiche. 

Nel caso di Blaise la ‘fede’ della sua famiglia negli stregoni è stata più forte della fede cristiana ed è stata alla fine per lui fatale. Il mfumu locale è apparso più forte degli ospedali e di Gesù, e la partita della fede si è giocata sul piano della potenza della guarigione: a chi la forza, a chi il potere? 
Molte altre volte, se non sulla guarigione, la fede si gioca sulla fortuna e la ricchezza, sul successo ed il piacere di questa vita: chi potrà assicurarcene o procurarcene di più? Quando Gesù non guarisce più come quando era assieme ai discepoli o quando, nelle società occidentali, la medicina  si mostra più efficace della preghiera, quando le ricchezze, la banca, la pensione e la sicurezza sociale assicurano il futuro molto meglio che la speranza nella vita futura, a chi la forza ed il potere? In chi riporre la nostra fede?
Anche a Babonde, nella immensa e sperduta foresta della Repubblica democratica del Congo abbiamo saputo che sarà la chiesa universale, a partire da Roma fino ai posti più sperduti della terra, a celebrare un Anno della fede. “Guai a me se non annunciassi il Vangelo”, scriveva S. Paolo. Provocati dalla morte di Blaise annunceremo con forza la stessa fede in Gesù Cristo che fu di S. Paolo e della prima comunità cristiana fino ad oggi: Gesù unico Salvatore ed unico guaritore, perchè se l’uomo cura, per quanto faccia con tutta la sua scienza e tecnica, sappiamo che chi guarisce è Dio, ed i molti che ancora oggi un pò ovunque si propongono come potenti guaritori, ebbene sono fuori della verità e portatori di menzogna se non di morte. Lavoreremo per accrescere la scienza e la tecnica negli ospedali e altrove, purchè questa scienza e tecnica siano veramente a servizio dell’uomo e non per servirsi di esse a proprio interesse e a scapito dell’uomo. Annunceremo allo stesso tempo che il Cristo quando lo vediamo di fronte alla sua morte può apparirci incapace o sconfitto nel dare risposta alle molte e legittime attese dell’uomo: una vita senza malattie e dolori, senza fatiche ed infelicità, senza bisogno di attese e rinunce...
Ma al contrario, quello stesso Cristo nella sua indifesa piccolezza, grazie alla risurrezione ci manifesta chiaramente la sua vera “forza e potere”. Esse non sono innanzitutto una vittoria di fronte alla sfida del dolore o alla ricerca di una felicità da consumare qui , ma sono una vittoria di fronte ad un’altra  sfida, quella dell’Amore. Se lo crediamo e se chiediamo la sua intercessione è innanzitutto per essere vittoriosi con lui di fronte a questa sfida, e colui che vince la sfida dell’amore sarà vincitore anche altrove: vincitore di fronte alle provocazioni della malattia, di fronte alla mancanza di ricchezze, di fronte alle lunge e disperate attese. E se non crediamo che Cristo è risorto facendo vincere l’Amore sopra ogni cosa, allora “vana è la nostra fede”.  Tante volte in luoghi di missione ed in particolare in Africa, l’annuncio del Vangelo di Cristo è risultato vincente poichè si è presentato assieme a tutte le capacità tecniche della società occidentale, della medicina e della scienza, dell’istruzione e delle risorse finanziarie. Ma appunto, non è questo il cuore del Vangelo e come capitò a Gesù quando non moltiplicò più i pani “a comando”, quando si ritirò in preghiera piuttosto che restare a guarire tutti i malati, quando fu imprigionato piuttosto che esibire la sua forza, così capita anche oggi che se la fede si appoggia principalmente su questi elementi, egli il Cristo, rimane ancora una volta solo, ed il Vangelo ha ancora una volta bisogno di essere annunciato. E’ il compito di ogni missionario in terra di missione, dove la musica e la sinfonia del Vangelo non è ancora risuonata, è il compito di ogni cristiano là dove vive ed opera, affinchè la musica e la sinfonia di una nuova evangelizzazione possa continuare a risuonare. Buon Anno della fede alla famiglia di Blaise, alla gente di Babonde, a noi e voi tutti indistintamente.

mercoledì 12 settembre 2012

Promesse mantenute


Promessa mantenuta da parte nostra e promessa mantenuta da parte dei ragazzi.

Gli studenti davanti alle loro classi
Noi ci eravamo impegnati ad essere pronti all’inizio dell’anno scolare – il 3 di settembre – con le prime 4 aule necessarie all’avvio della stagione 2012/2013, ossia con 3 classi di prima superiore ed una di seconda, così da accogliere i nuovi iscritti (139) ed i reduci dello scorso anno 38 passati in seconda. Muratori e falegnami si sono fatti in quattro per raggiungere l’obiettivo, ed ora il minimo indispensabile è già un dato acquisito: tetto, intonaci e pavimenti, banchi e lavagne...

 Alcuni giovani insegnanti e il preside p. Jean Pierre



I ragazzi con le loro famiglie da parte loro hanno ugualmente mantenuto le promesse o meglio le attese che pian piano avevano fatto nascere. Già da tempo sentivamo dirci che i figli sarebbero stati iscritti al “Ste Marie di Babonde” in quanto cercavano la possibilità di un’istruzione ed un’educazione migliore di quella finora offerta dalle altre scuole ed istituti del posto, ed effettivamente siamo stati sorpresi dalla rapidità con cui i posti disponibili sono stati occupati, dovendo per contro selezionare i candidati troppo anziani e respingerne numerosi altri una volta raggiunto il limite di 45 alunni per classe. In ambiente rurale normalmente si assiste ad un grande ritardo prima di avere i ragazzi ed i professori pronti per l’inizio delle lezioni, le difficoltà di recuperare i circa cinque euro per l’iscrizione, altri sette per l’uniforme un pò di quaderni e penne... 

A scuola con gli operai e due direttori di scuole Elementari
A Babonde normalmente bisogna pazientare almeno due settimane, nei villaggi circostanti talvolta si assiste ad un deplorevole ritardo di anche unmese o pià, ma per gli studenti dell’Ist. Ste Marie tutto era già pronto due giorni dopo la data fisata dal calendario ed il terzo tutti erano già seduti nei loro banchi. E’ un buon segno incoraggiante. Cercheremo di avere degli insegnanti qualificati favorendo gli studi universitari di qualcuno/a dei giovani professori. Limiteremo al minimo il lavoro manuale che in altre scuole gli insegnanti e direttori impongono agli allievi per integrare i magri stipendi, ma che abbassa notevolmente il livello dell’istruzione, tanto che ci si meraviglia come oggi coloro che escono dalle scuole superiori con il diplima di stato (la nostra maturità) parlino e scrivano un pessimo francese, talvolta ‘inferiore’ a quello di chi, qualche decina d’anni fa, terminava le scuole elementari. Il responsabile della scuola è il p. Jean Pierre Mokonzi, un sacerdote della nostra comunità di Babonde in modo da garantire una certa correttezza sia dal punto di vista educativo che amministrativo ed economico. 

Il lavoro che rimane da fare, le altre aule.

Stiamo pensando se negli stessi locali, sfruttandoli nelle ore pomeridiane, non sarebbe fattibile iniziare le professionali di falegnameria o di taglio e cucito... un dossier da seguire. Per intanto gioiamo di quanto realizzato e ringraziamo tutti quanti ci hanno permesso di realizzare quaanto potete vedere nelle foto. Sappiamo che molto lavoro è ancora da fare, sia dal punto di vista delle costruzioni che dal lato istruzione ed educazione, sappiamo che il buon Dio e la sua Provvidenza ci accompagnano.

martedì 11 settembre 2012

Effusione dello Spirito


Nel gergo della chiesa quando si parla di “Pastorale” si intende l’attività che punta a far crescere la fede delle persone, ad incoraggiarle alla vita della comunità cristiana, a conoscere la parola di Dio, ad impegnarsi per il bene e per la trasformazione in bene di questo nostro mondo. Sull’esempio di un pastore che ha cura del suo gregge e soprattutto sull’esempio di Cristo che ha cura dell’umanità, la chiesa nella sua attività “pastorale” si cura di una comunità di uomini e donne che gli è affidata.
 
 Ebbene anche la missione di Babonde, nonostante e attraverso i tanti piccoli progetti di sviluppo sociale, di educazione e di aiuto è impegnata in modo prioritario nell’attività pastorale per far crescere il “Regno di Dio nelle anime e nella società”: un’altra espressione in gergo che significa promuovere tutto ciò che ci fa vivere come uomini e nello stesso tempo come figli di Dio, secondo il pensiero di Dio, secondo quanto può aver pensato per noi, sia a livello personale, interiore, sia al livello comunitario, sociale, visibile e concreto.
Un fatto che ha segnato a livello pastorale la nostra comunità di Babonde è stata la celebrazione dell’ “Effusione dello Spirito”. Qualche centinaio di persone hanno voluto riprendere in mano la loro fede, non solo rispolverarla, ma farla nuova come lo è stato il giorno del Battesimo o il giorno della Cresima, accogliere con gioia la novità del vangelo insieme alle sue esigenze, dure ma liberanti, mossi non dal dovere e dalle convenzioni, ma dalla forza gioiosa dello Spirito. Quello Spirito promesso, donato e spesso dimenticato, fuoco, forza, coraggio, voce e canto dentro di noi. Molti, forse troppi sono i cristiani che, in Europa come anche in Africa, dopo essere stati evangelizzati necessitano di una ‘nuova evangelizzazione’ poichè lo Spirito non ha potuto agire, completare l’opera iniziata, guidare, trasformare. Tre mesi di “catechesi” per quasi cinquecento adulti, una volta la settimana, preghiere di liberazione e di remissione dei peccati conclusesi nella “effusione dello Spirito”, la celebrazione che suggella il rinnovo delle promesse battesimali, l’apertura a Dio e alla sua grazia, l’abbandono di ciò che ostacola una vita di amore e di verità. Incredibile constatare come anche a Babonde la vita cristiana ristagna, è accolta ma incide solo superficialmente, altre volte è chiaramente accantonata, dimenticata o tradita ed ha perciò bisogno dell’azione pastorale della chiesa che chiama, anima, ricorda, rinnova...
Sta all’uomo prepararsi a ricevere... sta a Dio fare il suo dono, i suoi doni. Il dono dello Spirito non è tra i più piccoli, anzi e i frutti attesi sono molti: amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé... La celebrazione dell’Effusione dello Spirito ha suggellato la fine della preparazione e l’attesa del dono. Sappiamo che le realtà della fede sono spesso impalpabili ed  invisibili agli occhi ma sappiamo anche che dai frutti prodotti sapremo riconoscere la mano di Dio all’opera negli uomini.